Contenuti e qualità

Ieri, prima di andare a lavoro, facevo come al solito un giro tra le notizie fresche di mattinata e mi sono imbattuto in un articolo del Corriere (Chi sono i leader (politici) sul web: “Post brutali? La gente vuole quelli”) che mi ha portato a ripensare alla situazione dei contenuti sui social media e sull’informazione.

Lascio volutamente da parte l’aspetto “politico” di questo articolo e voglio concentrarmi esclusivamente sull’aspetto più “tecnico” relativo alle dinamiche dell’informazione digitale. Penso infatti che in questo articolo ci siano tutti gli elementi, materializzati e mostrati con esempi reali, della situazione dell’informazione in Italia in questo momento:

  • le cause
  • lo stato delle cose
  • le conseguenze

LE CAUSE

«Meno scrivi e più cammini. L’algoritmo di Facebook, quello che fa viaggiare i contenuti, è ignoto e anche abbastanza ignorante».

Facebook (ma anche le altre piattaforme e social network) ha un algoritmo che effettivamente nessuno conosce realmente, ma dai risultati che alcuni post ottengono si può facilmente dedurre che questa frase è esatta: i contenuti brevi e di impatto girano meglio e non importa realmente la sostanza del contenuto che viene veicolato. L’obiettivo di qualsiasi piattaforma è di catturare l’attenzione dell’utente trattenendolo il più possibile all’interno del proprio mondo (app o sito web che sia), e lo fa offrendo all’utente quello che l’utente si aspetta di ricevere, evidenziando contenuti “vicini” al pensiero e al sentimento dell’utente stesso.

LO STATO DELLE COSE

Il mese scorso questo ex capocantiere […] ha generato quasi un milione e mezzo di interazioni su Facebook.

In un solo mese il numero di interazioni su Facebook generato dalle pagine politiche «unofficial» ha raggiunto livelli paragonabili a quelli dei media tradizionali e ha superato di netto le pagine «official»

Le pagine “non ufficiali”, ma più in generale le pagine popolate da contenuti generati dagli utenti, hanno ormai acquistato terreno per quanto riguarda le performance e la visibilità. Editori e pagine ufficiali in tanti casi non riescono a tenere il passo lasciando spazio a contenuti spesso non verificati e magari di dubbia qualità.

No, non è militanza per Gangemi. È sopravvivenza. Un click vale in media dieci centesimi.

In questa frase è riassunta, secondo me, una parte consistente della causa di tutto: il modello di business dell’informazione digitale continua ad essere basato sulla pubblicità. Il “click” è l’obiettivo ultimo sia degli utenti che producono contenuti sia degli editori.

LE CONSEGUENZE

Gli editori, i giornalisti, le fonti autorevoli hanno impostato tecnologia e linee editoriali per raggiungere obiettivi dettati dall’adv basati sui click o sulle impression. Questo favorendo ovviamente la produzione di contenuti di una qualità molto vicina a quella dei contenuti prodotti dagli utenti e dalle pagine “unofficial”.

Lui sa che seguendo le correnti le si rendono inondazioni, ma anche che le maree possono rovesciarsi. «L’altro giorno ho scritto sul governo: basta parole, ora i fatti. Ho notato che hanno condiviso in tremila. Riproverò».

Una ulteriore conseguenza è una crescente polarizzazione delle opinioni, la selezione dei contenuti da leggere da parte degli utenti avviene tramite il “pregiudizio di conferma”, che porta principalmente le persone a ricercare nelle notizie una conferma alla propria opinione e non la verità sui fatti.

E, come scritto nell’articolo, le maree possono rovesciarsi e di conseguenza opinione comune e contenuti che la sostengono possono improvvisamente cambiare direzione e puntare verso altri sentimenti e altre opportunità di click e impression.

Il dibattito su qualità di contenuti, fake news, post verità, user generated content, verifica delle fonti è ormai da anni presente in tutti i tavoli e occasioni di incontro, di ragionamento, studio, analisi. Sia i big (ad esempio Google) che molte startup stanno lavorando per trovare una soluzione a questi problemi.

A mio parere focalizzarsi su alcuni punti porterebbe benefici in tempi brevi:

  • distinguere i contenuti in base alla qualità
  • definire la qualità del contenuto in base alla verifica del contenuto
  • la verifica del contenuto deve essere basata su un metodo che tenga conto, ad esempio, della verifica delle fonti
  • valorizzare, anche in senso monetario, i contenuti caratterizzati da quella qualità definita dal metodo

E’ quello che facciamo in DAOContent. I contenuti che vengono prodotti per le aziende e i brand hanno queste caratteristiche. Il motivo reale è supportare la credibilità del brand con contenuti veri e di qualità, valorizzandoli al meglio e avendo, come ricompensa, performance e visibilità per l’azienda.

Riteniamo che anche questo che facciamo sia parte, sicuramente una piccola parte, della soluzione per l’informazione di qualità.

 

Ciò che di buono si è fatto

In questi ultimi mesi mi è capitato veramente raramente di raccontare quello che di buono si è fatto, soprattutto perché tutto il mio tempo e la mia concentrazione erano rivolti alla risoluzione di problemi e criticità. Ma in questi 8 anni abbiamo fatto tante cose buone. Ed è da queste cose buone che si deve ripartire.

Abbiamo sviluppato tanta tecnologia e abbiamo fatto tanta esperienza in ambito contenuti, sia con editori che con aziende. Due tipologie di clienti molto diverse che hanno aiutato il team a crescere, spinto da continue sfide e risultati da ottenere.

Una delle cose più importanti che abbiamo fatto è definire un prodotto. Il vero problema negli anni è stato proprio questo: tanta analisi, ricerca e sviluppo che però non si concretizzava in un prodotto/servizio ben definito e soprattutto vendibile.

C’è anche da dire che noi parlavamo di content marketing 5-6 anni fa, quando il mercato italiano non era ancora pronto, ma questo ci ha permesso anche di lavorare tanto e di essere per alcuni aspetti, un passo avanti rispetto ai competitor.

Il prodotto che abbiamo definito è DAOContent e permette alle aziende e ai brand di diventare dei piccoli/grandi editori. E, in quanto media owner, le aziende possono sviluppare una strategia di contenuti che vada ad intercettare sui motori di ricerca, sui social network, nel mondo digitale, gli interessi degli utenti e indirizzare gli stessi utenti verso il proprio marchio, il proprio sito, il proprio e-commerce, i propri negozi reali, etc.

Nel prodotto DAOContent abbiamo unito la nostra esperienza in ambito contenuti, con la piattaforma tecnologica che abbiamo sviluppato e con le competenze in ambito digital e performance marketing.

Il risultato è lo sviluppo, per il cliente, di un magazine online web e mobile (un content hub), sul quale vengono prodotti e pubblicati contenuti di informazione (testo, immagini, video, infografiche etc) attinenti al settore di mercato dell’azienda. La strategia e la linea editoriale sono studiate per intercettare gli interessi degli utenti e attirarli verso il brand. Il content hub e la produzione dei contenuti sono poi supportati dalla piattaforma tecnologica, che aiuta a viralizzare e a diffondere meglio i contenuti, e da una strategia di digital marketing che comprende, tra le altre cose, anche social media marketing, email marketing e native advertising.

Alta frequenza di pubblicazione e alta qualità dei contenuti sono per noi caratteristiche fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di performance (visibilità, conversioni, lead etc.) che proponiamo al cliente. Queste caratteristiche (frequenza e qualità dei contenuti) le possiamo offrire grazie alla piattaforma tecnologica (che ha algoritmi di analisi semantica, anti-plagio, rating, etc) e grazie alla community di content producer che negli anni abbiamo creato.

Nel tempo abbiamo definito e perfezionato tutti i processi, “le quantità” e “le qualità”, i tempi, i numeri, e questo ci permette di essere efficienti ed efficaci per tutta la durata dei progetti. Con la felice conseguenza che i progetti che sviluppiamo portano numeri e performance molto interessanti.

Ed è da qui che bisogna ripartire, da ciò che di buono si è fatto, possibilmente senza dimenticarsi di raccontarlo 🙂

Un tramonto a metà

Negli ultimi mesi sono successe tante cose e sono cambiate tante situazioni lavorative attorno a me.

Da anni ormai (quasi 8 anni) mi dedico ad una azienda che ho contribuito a fondare dal nulla, un’azienda che è passata per lo status di “startup innovativa” e che ha lavorato in ambito digitale per sviluppare una piattaforma che potesse risolvere anche una piccola parte dei problemi che affliggono l’editoria digitale e l’informazione.

Anni e anni di ricerca e sviluppo, dove le parole più utilizzate in ufficio e i temi quotidiani erano:

  • qualità dell’informazione e metodo per una informazione di qualità
  • giusta remunerazione dei content producer
  • fake news (già qualche anno prima che le chiamassero così)
  • modelli di business sostenibili per gli editori
  • piattaforme editoriali avanzate
  • contenuti per la promozione del brand di un’azienda (quando la parola content marketing in Italia si sentiva pronunciare giusto da un ristrettissimo gruppo di esperti)
  • blockchain e diritti d’autore
  • algoritmi di analisi dei contenuti

Anni di lavoro in qualche modo sostenuti da pochissimi finanziamenti (ci sarebbe da aprire una sezione a parte per raccontare l’esperienza diretta fatta per cercare finanziamenti e supporti per un progetto simile in Italia) e da tanto impegno e tantissima disponibilità da parte dei ragazzi del team che hanno sopportato le sorti altalenanti di una startup e hanno lavorato anche in condizioni difficili pur di fatturare (anche lavori non esattamente in target con l’obiettivo) e sostenere l’azienda.

Quasi due anni fa avevamo capito che il nostro target non erano gli editori ma le aziende e i brand: le aziende hanno molto budget per il marketing e non hanno la possibilità di prodursi i contenuti in casa nonostante abbiano una grande necessità di produrre contenuti per essere presenti nel “mondo digitale”. Esattamente l’opposto degli editori: poco budget, produzione interna e visibilità già in parte acquisita.

Gli editori a questo punto da clienti sono diventati fornitori. E le aziende i nostri clienti. In mezzo una piattaforma che gestiva le dinamiche di questo “scambio di contenuti e visibilità” ottimizzando le performance. Obiettivo della startup quasi raggiunto:

  • le aziende possono promuoversi in maniera facile con i contenuti ottenendo grandi performance
  • gli editori hanno una possibile nuova linea di business sfruttando la visibilità e la capacità produttiva già in possesso
  • i content producer possono lavorare di più e con una remunerazione migliore rispetto alle piattaforme e alle soluzioni esistenti

Obiettivo QUASI raggiunto appunto, raggiunto in teoria e in parte in pratica. Ma non completamente.

L’azienda aveva bisogno di rifinanziamento e sviluppo commerciale. Nel tempo si sono avvicinati tanti interlocutori, alcuni molto concreti e altri molto vaghi. ma per un motivo o per un altro non si è riusciti a concludere nei tempi giusti l’operazione di rifinanziamento. E le cose hanno iniziato a precipitare.

L’unica soluzione era quella di chiudere l’azienda.

Tra parentesi: anche riguardo alla chiusura/liquidazione/fallimento/trasformazione di un’azienda in Italia potremmo scrivere chilometri di commenti, riflessioni, esperienze, leggi, pareri, etc. Si potrebbe scrivere tutto e il contrario di tutto e andrebbe bene lo stesso. Ma penso che di queste cose ne parlerò prossimamente in questo blog.

Alcuni insegnamenti:

  • alcune decisioni vanno prese subito anche se drastiche
  • l’esecuzione è fondamentale, banale ma è così
  • l’attività per cercare finanziamenti per una startup in Italia è essa stessa una startup
  • il fallimento è un modo per capire cosa NON si deve/può fare… e per imparare

La prossima fase sarà quella di recuperare tutto il buono che si è fatto in questi anni, riunire un po’ le forze e grazie a questa base ripartire con una nuova impresa, che si occupi in maniera specifica di content marketing e di contenuti digitali. In qualche modo siamo “arrivati troppo presto”, infatti solo ora si sta aprendo il mercato italiano del content marketing, ma dall’altra parte l’essere arrivati in anticipo ci permette di essere in questa fase pronti al mercato e molto competenti in materia.

L’azienda, dopo 8 anni di lavoro e dopo ancora un lungo periodo di burocrazia che l’aspetta, chiuderà e questo progetto tramonterà.

Ma sarà solo un tramonto a metà.

 

Content marketing e native advertising tra somiglianze e differenze

Il marketing digitale è cresciuto molto negli ultimi 15 anni. Il nostro ecosistema digitale continua ad evolversi, e anche le sue molte parti devono crescere di pari passo. È il caso del content marketing e del native advertising. Così simili, così diversi…

Non è raro che aziende e operatori di marketing utilizzino erroneamente le due parole in modo intercambiabile. Ma le due formule di diffusione di contenuti hanno significati e capacità molto diversi. Essere consapevoli delle differenze è di particolare importanza per capire come articolare un’efficace e funzionale strategia di internet marketing. Ecco alcune specificità dell’uno e dell’altro.

Native advertising
È qualcosa di cui ognuno di noi ha avuto esperienza, magari inconsapevolmente. Il native adv infatti ha come caratteristica principale quella di essere poco invasivo, il più possibile discreto, proprio per non ‘contrariare’ l’utente.
Gli annunci ‘nativi’ vengono posizionati all’interno di un sito web in modo da non interrompere l’esperienza del visualizzatore, ad esempio tra i paragrafi di un testo, e di solito

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Haier, un web magazine al centro di una strategia integrata di content marketing sul vino

Il content marketing continua a fare proseliti tra i brand di successo. E in questo blog amiamo mettere in vetrina e raccontare le scelte di aziende che vanno in una certa direzione, quella che piace a noi di DAO Content, anche quando i progetti non li commissionano a noi… Come è il caso di una iniziativa di Haier, in cui ci siamo imbattuti abbastanza per caso, ma che ha subito catturato il nostro ‘disinteressato interesse’ di cultori e dispensatori di contenuti orientati alle performance. 

La nota multinazionale cinese di elettrodomestici ha infatti messo su, di recente, nel nostro paese un’articolata strategia digital multipiattaforma che punta forte sui contenuti di qualità, per raccontare l’universo vino alla sua platea di riferimento, a tutto beneficio a breve-medio termine – ne siamo certi – dei risultati di vendita delle sue cantinette a temperatura controllata.
Perno del progetto è Il Meglio in Cantina, un po’ sito un po’ webzine tematico, creato ad hoc da Haier per

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Il brand secondo Luca De Biase: una promessa da mantenere…

Cos’è un brand? Tante risposte possibili, una certezza: non è solo un prodotto o un servizio. Un marchio è una e molte storie, un sistema di valori, una filosofia, una visione, un percorso, un dialogo continuo con i consumatori e col mercato…
… Ma sopratutto una promessa da mantenere…
In che senso? Lo spiega da par suo Luca De Biase in questo post, pubblicato recentemente sul suo seguitissimo blog, per rispondere a un panel sull’argomento organizzato al Festival del Giornalismo, conclusosi il 15 aprile scorso a Perugia. De Biase parla di innovatori, individuandoli in coloro che hanno compreso l’importanza del content marketing di qualità, ovvero di stare sul mercato creando cultura e informazione puntando su contenuti non qualsiasi ma di valore, con un respiro ampio, senza aspettarsi risultati immediati. Chi ha capito tutto questo e lavora in questo senso è sulla buona strada per offrire un futuro radioso al proprio brand…
 
 
 
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Inbound marketing, in quanto tempo si vedono i risultati?

Quando affermiamo che l’inbound marketing funziona, è perché lo dicono i fatti. Il marketing per sua natura si basa su analisi e obiettivi misurabili, non su congetture. Quindi la domanda da porsi semmai è:
quanto tempo è necessario affinché funzioni e porti ai risultati attesi?

Si tratta di una domanda complicata, con una risposta articolata ma comprensibile. Il digital marketing in generale, soprattutto se focalizzato sulla generazione di lead, richiede risorse significative, di conseguenza i marketer vogliono vedere un ritorno significativo sull’investimento. Ma proviamo a rispondere alla domanda.

Dipende molto dal punto di partenza
Un’azienda con 300 follower su tutte le piattaforme social non beneficerà quasi certamente di un impulso immediato alla sua attività, anche potendo contare sulla migliore delle strategie digital. C’è da aspettarsi invece che un business con 10.000 fan e una presenza sui social media consolidata vedrà probabilmente una crescita più immediata, in virtù proprio di questa base di partenza privilegiata.
La forza dell’inbound marketing però sta proprio nel

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Nuovo DAO News, veste grafica aggiornata e soluzioni evolute per l’editoria digitale

Look accattivante, esperienza utente migliorata e offerta di servizi per l’editoria affinata ed ampliata: Dao News cambia e rilancia in questo inizio 2018, con l’obiettivo di confermarsi ancora una volta opzione credibile e partner affidabile per i player del publishing digitale del panorama nazionale e internazionale. Il sito, rinnovato nei contenuti e nella grafica, va […]
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Food content marketing: 3 suggerimenti per i brand alimentari

“Non si sa di nessuno che sia riuscito a sedurre con ciò che aveva offerto da mangiare, ma esiste un lungo elenco di coloro che hanno sedotto spiegando quello che si stava per mangiare”
(Manuel Vàzquez Montalbàn – scrittore e gastronomo spagnolo)
 
E molto più lungo e in continuo aggiornamento – ci permettiamo di aggiungere noi – è l’elenco di coloro che cercano informazioni sul cibo in rete.
Insomma, il nostro ‘appetito’ – tanto per stare sul pezzo – per i contenuti legati all’alimentazione è più grande che mai: video-ricette, recensioni, tutorial culinari, rivisitazioni originali di piatti tradizionali, creati spesso dagli utenti stessi, spopolano sul web. E anche i grandi marchi del food, a partire da quelli USA che hanno iniziato da diverso tempo, stanno facendo ampio ricorso a questo tipo di contenuti.

Ad avviare questa tendenza negli Stati Uniti e a stimolare sempre più l’interesse degli utenti hanno contribuito in maniera decisiva i video gourmet altamente professionali che il canale BuzzFeed’s Taste ha cominciato

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A cosa destinare la gran parte del budget a disposizione per il marketing?

Tra le risposte possibili alla domanda posta nel titolo ce n’è una che supera ormai le altre per distacco: ai contenuti di valore. A dirlo sono i dati di tutte le ultime rilevazioni sul tema. La creazione di contenuti è diventato negli ultimi anni di gran lunga l’obiettivo principale per chi si occupa professionalmente di strategie di marketing in tutto il mondo.

Dall’ultima ricerca eseguita dall’agenzia internazionale di marketing e comunicazione, Cognito, risulta, ad esempio, che il 61% dei 165 marketing leader intervistati ha indicato il content marketing come l’area in cui sarà investita la parte più cospicua del budget 2018. E ciò è probabilmente diretta conseguenza dell’insoddisfazione che era venua fuori nel sondaggio precedente, in cui solo il 18% degli intervistati si era dichiarato contento della qualità dei contenuti su cui aveva potuto contare.

Come provare ad affrontare il cambiamento
Le relazioni con gli investitori (71%) e gli affari pubblici (69%) sono, a detta degli

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