Content marketing o Digital marketing con focus sui contenuti?

Ultimamente è una delle domande che, in DAOContent, ci facciamo più spesso. Lavoriamo da anni con i contenuti, ultimamente lavoriamo con aziende e professionisti e sviluppiamo strategie di content marketing orientate ai risultati.

Ma è proprio quello che facciamo?

Prima di proseguire faccio un breve riepilogo di quello che facciamo.
I servizi di DAOContent sono offerti con tre modalità differenti:

Marketplace

La prima modalità è quella che chiamiamo “Marketplace”.
Questa modalità consiste nel richiedere un numero e una tipologia di contenuti per le proprie strategie di content marketing.
Solitamente i contenuti prodotti dalla community di DAOContent vengono acquisiti dal cliente e pubblicati sulle sue properties digitali (sito web, blog, magazine, etc.).
Questa modalità si avvale dell’esperienza del nostro team e la scelta dei contenuti di qualità è agevolata dall’algoritmo della piattaforma.

Piani Performance

La seconda modalità è quella che chiamiamo “Piani Performance”.
Questa modalità prevede, prima di tutto, la definizione degli obiettivi con il cliente (awareness, generation lead, vendite e-commerce, etc.) e in base agli obiettivi viene definita una strategia digitale orientata alle performance attorno alla produzione dei contenuti.
La produzione dei contenuti è gestita allo stesso modo della modalità Marketplace ma la strategia editoriale è definita maggiormente dal nostro team.
In questo caso i contenuti vengono pubblicati su quello che chiamiamo Digital Hub (web magazine, blog, app mobile, etc.) che risiede su piattaforma DAOContent e che viene personalizzato in base alle esigenze e al look&feel concordate con il cliente
Attorno al Digital Hub vengono poi implementate tutte le attività di digital marketing (social media marketing, sponsored, community DAOContent, etc.) utili per dare visibilità ai contenuti prodotti e per raggiungere il target desiderato.

Piani Branding

La terza modalità è quella che chiamiamo “Piani Branding”.
Questa modalità racchiude le caratteristiche delle prime due (contenuti prodotti dalla community e gestiti tramite algoritmo, strategia di digital marketing, digital hub, etc.) ma è rivolta alle azienda più strutturate e che hanno bisogno di supportare le proprie attività di posizionamento del brand sul digitale.
Questa modalità prevede il coinvolgimento di professionisti del settore della comunicazione, giornalisti, creativi e art director. Le loro competenze e la loro consulenza sono fondamentali per la creazione di un prodotto di altissimo livello.

Quindi, tornando alla domanda “cosa facciamo realmente?”, la risposta è: sicuramente facciamo qualcosa di diverso dal content marketing. Qualcosa di più.

Una definizione potrebbe essere “digital marketing con focus sui contenuti“. Infatti tutte le strategie che proponiamo partono proprio dai contenuti, ma questi contenuti sono accompagnati da una varietà di attività di digital marketing che danno ai contenuti due valori importanti: la qualità e i risultati.

Un altra definizione che mi piace è la seguente: “editoria digitale intelligente al servizio dei brand“. Editoria digitale perché aiutiamo le azienda a diventare editori di se stessi, intelligente perché c’è un algoritmo “intelligente” che migliora i processi e il lavoro, al servizio dei brand perché aiuta le aziende nel posizionamento del proprio brand.

Quindi non solo content marketing, ma qualcosa di più.

A breve, per iniziare ad approfondire queste tematiche, pubblicheremo una breve guida gratuita sul Content Marketing, con alcune riflessioni e alcuni trucchi per impostare una attività di content marketing efficace.

Stay tuned!

Ciò che di buono si è fatto

In questi ultimi mesi mi è capitato veramente raramente di raccontare quello che di buono si è fatto, soprattutto perché tutto il mio tempo e la mia concentrazione erano rivolti alla risoluzione di problemi e criticità. Ma in questi 8 anni abbiamo fatto tante cose buone. Ed è da queste cose buone che si deve ripartire.

Abbiamo sviluppato tanta tecnologia e abbiamo fatto tanta esperienza in ambito contenuti, sia con editori che con aziende. Due tipologie di clienti molto diverse che hanno aiutato il team a crescere, spinto da continue sfide e risultati da ottenere.

Una delle cose più importanti che abbiamo fatto è definire un prodotto. Il vero problema negli anni è stato proprio questo: tanta analisi, ricerca e sviluppo che però non si concretizzava in un prodotto/servizio ben definito e soprattutto vendibile.

C’è anche da dire che noi parlavamo di content marketing 5-6 anni fa, quando il mercato italiano non era ancora pronto, ma questo ci ha permesso anche di lavorare tanto e di essere per alcuni aspetti, un passo avanti rispetto ai competitor.

Il prodotto che abbiamo definito è DAOContent e permette alle aziende e ai brand di diventare dei piccoli/grandi editori. E, in quanto media owner, le aziende possono sviluppare una strategia di contenuti che vada ad intercettare sui motori di ricerca, sui social network, nel mondo digitale, gli interessi degli utenti e indirizzare gli stessi utenti verso il proprio marchio, il proprio sito, il proprio e-commerce, i propri negozi reali, etc.

Nel prodotto DAOContent abbiamo unito la nostra esperienza in ambito contenuti, con la piattaforma tecnologica che abbiamo sviluppato e con le competenze in ambito digital e performance marketing.

Il risultato è lo sviluppo, per il cliente, di un magazine online web e mobile (un content hub), sul quale vengono prodotti e pubblicati contenuti di informazione (testo, immagini, video, infografiche etc) attinenti al settore di mercato dell’azienda. La strategia e la linea editoriale sono studiate per intercettare gli interessi degli utenti e attirarli verso il brand. Il content hub e la produzione dei contenuti sono poi supportati dalla piattaforma tecnologica, che aiuta a viralizzare e a diffondere meglio i contenuti, e da una strategia di digital marketing che comprende, tra le altre cose, anche social media marketing, email marketing e native advertising.

Alta frequenza di pubblicazione e alta qualità dei contenuti sono per noi caratteristiche fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di performance (visibilità, conversioni, lead etc.) che proponiamo al cliente. Queste caratteristiche (frequenza e qualità dei contenuti) le possiamo offrire grazie alla piattaforma tecnologica (che ha algoritmi di analisi semantica, anti-plagio, rating, etc) e grazie alla community di content producer che negli anni abbiamo creato.

Nel tempo abbiamo definito e perfezionato tutti i processi, “le quantità” e “le qualità”, i tempi, i numeri, e questo ci permette di essere efficienti ed efficaci per tutta la durata dei progetti. Con la felice conseguenza che i progetti che sviluppiamo portano numeri e performance molto interessanti.

Ed è da qui che bisogna ripartire, da ciò che di buono si è fatto, possibilmente senza dimenticarsi di raccontarlo 🙂

Un tramonto a metà

Negli ultimi mesi sono successe tante cose e sono cambiate tante situazioni lavorative attorno a me.

Da anni ormai (quasi 8 anni) mi dedico ad una azienda che ho contribuito a fondare dal nulla, un’azienda che è passata per lo status di “startup innovativa” e che ha lavorato in ambito digitale per sviluppare una piattaforma che potesse risolvere anche una piccola parte dei problemi che affliggono l’editoria digitale e l’informazione.

Anni e anni di ricerca e sviluppo, dove le parole più utilizzate in ufficio e i temi quotidiani erano:

  • qualità dell’informazione e metodo per una informazione di qualità
  • giusta remunerazione dei content producer
  • fake news (già qualche anno prima che le chiamassero così)
  • modelli di business sostenibili per gli editori
  • piattaforme editoriali avanzate
  • contenuti per la promozione del brand di un’azienda (quando la parola content marketing in Italia si sentiva pronunciare giusto da un ristrettissimo gruppo di esperti)
  • blockchain e diritti d’autore
  • algoritmi di analisi dei contenuti

Anni di lavoro in qualche modo sostenuti da pochissimi finanziamenti (ci sarebbe da aprire una sezione a parte per raccontare l’esperienza diretta fatta per cercare finanziamenti e supporti per un progetto simile in Italia) e da tanto impegno e tantissima disponibilità da parte dei ragazzi del team che hanno sopportato le sorti altalenanti di una startup e hanno lavorato anche in condizioni difficili pur di fatturare (anche lavori non esattamente in target con l’obiettivo) e sostenere l’azienda.

Quasi due anni fa avevamo capito che il nostro target non erano gli editori ma le aziende e i brand: le aziende hanno molto budget per il marketing e non hanno la possibilità di prodursi i contenuti in casa nonostante abbiano una grande necessità di produrre contenuti per essere presenti nel “mondo digitale”. Esattamente l’opposto degli editori: poco budget, produzione interna e visibilità già in parte acquisita.

Gli editori a questo punto da clienti sono diventati fornitori. E le aziende i nostri clienti. In mezzo una piattaforma che gestiva le dinamiche di questo “scambio di contenuti e visibilità” ottimizzando le performance. Obiettivo della startup quasi raggiunto:

  • le aziende possono promuoversi in maniera facile con i contenuti ottenendo grandi performance
  • gli editori hanno una possibile nuova linea di business sfruttando la visibilità e la capacità produttiva già in possesso
  • i content producer possono lavorare di più e con una remunerazione migliore rispetto alle piattaforme e alle soluzioni esistenti

Obiettivo QUASI raggiunto appunto, raggiunto in teoria e in parte in pratica. Ma non completamente.

L’azienda aveva bisogno di rifinanziamento e sviluppo commerciale. Nel tempo si sono avvicinati tanti interlocutori, alcuni molto concreti e altri molto vaghi. ma per un motivo o per un altro non si è riusciti a concludere nei tempi giusti l’operazione di rifinanziamento. E le cose hanno iniziato a precipitare.

L’unica soluzione era quella di chiudere l’azienda.

Tra parentesi: anche riguardo alla chiusura/liquidazione/fallimento/trasformazione di un’azienda in Italia potremmo scrivere chilometri di commenti, riflessioni, esperienze, leggi, pareri, etc. Si potrebbe scrivere tutto e il contrario di tutto e andrebbe bene lo stesso. Ma penso che di queste cose ne parlerò prossimamente in questo blog.

Alcuni insegnamenti:

  • alcune decisioni vanno prese subito anche se drastiche
  • l’esecuzione è fondamentale, banale ma è così
  • l’attività per cercare finanziamenti per una startup in Italia è essa stessa una startup
  • il fallimento è un modo per capire cosa NON si deve/può fare… e per imparare

La prossima fase sarà quella di recuperare tutto il buono che si è fatto in questi anni, riunire un po’ le forze e grazie a questa base ripartire con una nuova impresa, che si occupi in maniera specifica di content marketing e di contenuti digitali. In qualche modo siamo “arrivati troppo presto”, infatti solo ora si sta aprendo il mercato italiano del content marketing, ma dall’altra parte l’essere arrivati in anticipo ci permette di essere in questa fase pronti al mercato e molto competenti in materia.

L’azienda, dopo 8 anni di lavoro e dopo ancora un lungo periodo di burocrazia che l’aspetta, chiuderà e questo progetto tramonterà.

Ma sarà solo un tramonto a metà.

 

Primi passi

Qualche giorno fa finalmente sono arrivati.

Dopo tanto tempo che li cercavamo finalmente li abbiamo trovati. E siamo anche decisamente molto felici.

Come ho già detto qualche post fa, DAO News è in una fase di “cambio rotta”, sta modificando radicalmente il proprio assetto e, in primo luogo, sta definendo i nuovi prodotti e il nuovo brand.

E dopo averli cercati per tanto tempo, eccoli qua “questi prodotti”. Il primo esperimento ha un obiettivo sfidante: portare performance e lead ad un progetto nato solo il 5 dicembre 2016. Un progetto lanciato da ViaMichelin (Michelin Days) che rende ancora più interessante la sfida.

Come DAO News ci preme in modo particolare dimostrare che performance e informazione di qualità possono sicuramente convivere e che anzi, l’informazione di qualità facilita il raggiungimento di determinati risultati offrendo in più un servizio informativo di valore.

Inoltre le aziende importanti hanno due necessità forti quando si confrontano con il digitale: mantenere alto il posizionamento del proprio brand e allo stesso tempo ottenere risultati di visibilità e generare lead. Con DAO Content riteniamo di aver raggiunto questo equilibrio.

Stiamo lavorando in questa direzione da circa due anni e i vari test effettuati ci mostrano dati molto confortanti. Ma erano “solo test”… E’ come se fino ad ora ci fossimo semplicemente allenati, abbiamo fatto anni di allenamento.

Ora stiamo giocando la partita di campionato e si sente nell’aria questa sana voglia di vincere. Si respira anche un po’ di emozione mista a curiosità. I ragazzi non smettono di guardare gli analytics e di ottimizzare contenuti e piattaforma.

I progetti per questo primo lavoro sono 3:

  • the tasty ways: un webzine digitale che parla di ristoranti stellati e di eccellenze gastronomiche
  • morsi di futuro: un blog che tratta l’innovazione in ambito enogastronomico
  • food & wine stories: un blog che pubblica esperienze e racconti di cibo e vino

Come tutti i bambini che stanno imparando a camminare, i nuovi prodotti hanno bisogno di trovare l’equilibrio, di essere stabili e trovare il passo giusto. Ma le gambe sono già forti e vedo che riescono già a raggiungere l’obiettivo, ad attraversare la stanza, a raggiungere l’utente e a portarlo nel posto desiderato.

Una startup innovativa deve agire proprio così:

  1. definire un prodotto con le specifiche minime
  2. testarlo subito magari con clienti o utenti in un progetto sfidante.

In questo modo si ha subito un progetto in portfolio e si hanno tutte le indicazioni per come migliorare il prodotto ed, eventualmente, implementarlo con altre funzionalità o caratteristiche.

Intanto i ragazzi di DAO News continuano a tenere la mano a questa nuova creatura che sta facendo i suoi primi passi. Tutti i giorni con entusiasmo.

Presto vi racconterò come sarà andata la prima camminata.

Dall’editoria digitale al content marketing

E’ un periodo storico interessante per quanto riguarda il marketing digitale e l’editoria digitale. Oggi più che mai le due strade sono vicinissime, talmente vicine che si incrociano e si sovrappongono.

Il digitale, soprattutto in ambito mobile, ha portato ad una rivoluzione nel mondo del marketing, la “pubblicità” per come era intesa fino ad ora e pensata per la televisione non ha più lo stesso impatto sull’utente. Si è passati da un marketing della persuasione in un marketing delle intenzioni.

I brand cercano di captare le esigenze degli utenti che navigano nel mare del mondo digitale (composto da siti, motori di ricerca, forum, social network, etc.), per poi “associarle” ad uno dei prodotti o servizi in catalogo. Lo fanno cercando di proporre all’utente un’informazione, un contenuto, un valore in cambio del suo interesse e della sua fiducia. L’utente interessato a quella informazione sarà probabilmente un utente che ha una determinata esigenza, esigenza che può essere risolta dal prodotto giusto.

D’altra parte la definizione di content marketing (quella che io preferisco) è chiara:

Content marketing:

è qualunque forma di marketing che implica la creazione, la condivisione e la pubblicazione di contenuti allo scopo di acquisire clienti. Questo genere di informazioni possono essere presentate attraverso una varietà di formati, incluse notizie, video, white papers, e-books, infografiche, case history, guide, domande, articoli di risposta, foto ecc. Il content marketing non è focalizzato sulla vendita (almeno non esplicitamente), ma sul comunicare e informare consumatori e potenziali clienti. L’idea è di generare business e ispirare fedeltà da parte degli acquirenti attraverso un “consistente e continuo flusso di informazioni di valore”.

I brand hanno quindi necessità di essere presenti e visibili nel mondo digitale e devono iniziare a ragionare come un canale “all news”: fornire contenuti di informazione di qualità in maniera costante e organica. Ed è qui che l’editoria e il giornalismo entrano in gioco. I brand diventano “media owner” ma non sono strutturati per esserlo. I giornalisti e le redazioni possono dare un supporto a patto che non venga meno la qualità dell’informazione, intesa nel senso più giornalistico e civico del termine.

Se i reparti marketing dei brand iniziano a pensare in questa maniera otterrebbero molteplici vantaggi. Grazie allo studio fatto col progetto DAO News e allo sviluppo del nuovo DAO Content, sappiamo che l’informazione di qualità nelle campagne di content marketing migliora la percezione che l’utente ha del brand e allo stesso tempo migliora i risultati ottenuti dal brand grazie alla propria campagna.

Senza tralasciare il fatto che i brand che si trasformano in media assumono un ruolo importante nella società che necessità però uno spirito civico nella pianificazione delle campagne di content marketing.

Per questo è importante lavorare per migliorare la qualità dell’informazione nelle campagne di content marketing e solo un giornalismo di qualità e con metodo può aiutare a raggiungere questo obiettivo.

Trovare un equilibrio tra brand ed editoria potrebbe essere un “win-win deal” grazie al quale ci sarebbe una piccola vittoria per tutti. E’ importante continuare a lavorare per arrivare a questo.

Quando “cambiare rotta” fa bene ad una startup

Le startup innovative per definizione navigano in mare di incertezze e di vulnerabilità. Avviare il progetto di una startup presuppone che i founder conoscano alla perfezione l’esigenza o il problema che la loro idea vuole risolvere. Spesso però la stessa consapevolezza e conoscenza non è presente se andiamo a vedere il prodotto o il servizio che la startup deve sviluppare e offrire per risolvere questo problema o rispondere a questa esigenza.

In realtà, per esperienza personale e per le varie startup che ho incontrato in questi anni, i founder sono sicuri che il prodotto o il servizio che hanno pensato è quello giusto, quello che risolverà il problema o risponderà a quella esigenza e che trasformerà la loro startup in una azienda multinazionale.

Ero anche io così, con DaoNews, fino a pochissimo tempo fa. Ero convinto del prodotto e dei servizi che DaoNews andava ad offrire.

Ero convinto del prodotto o del servizio, ma sapevo che c’era qualcosa che non andava, pensandoci ora c’è sempre stato qualcosa poco definito. Se fosse stato il prodotto giusto penso che DaoNews in questo momento avrebbe già avuto una grande accelerazione e crescita. Ma ciò non è avvenuto e questo significa che il prodotto non era quello giusto, o forse non eravamo focalizzati sull’esigenza giusta.

In questi casi, quando il prodotto non è quello che fa spiccare il volo, è necessario che i founder decidano velocemente e con determinazione di cambiare rotta. Nella storia di una startup questo momento si chiama “pivot” e deriva dal linguaggio del basket. Il pivot è un concetto fondamentale dell’approccio Lean Startup elaborato nel 2008 dall’imprenditore Eric Ries. La metodologia Lean Startup prevede lo sviluppo di un “prodotto minimo utilizzabile” che permette alla startup di validare subito il prodotto o il modello di business e verificarne l’esattezza. In caso contrario la startup può velocemente cambiare rotta (pivot) in modo da aggiustare il tiro senza però aver utilizzato tempo e risorse in eccesso.

In DaoNews questi momenti li abbiamo affrontati più volte.

Un po’ di storia di DAO News

La prima versione 2011

L’ecosistema di DAO News era composto da:

  • una piattaforma di blogging per giornalisti e blogger
  • una piattaforma editoriale per gli editori
  • un aggregatore delle notizie prodotte e pubblicate in tutta la piattaforma per i lettori
  • un adserver per gli inserzionisti

La crescita di questo ecosistema risultava molto difficile poiché:

  • gli editori non investivano nella piattaforma tecnologica soprattutto a causa delle difficoltà economiche
  • gli inserzionisti non investivano in un ecosistema nel quale non si era raggiunta la massa critica che invogliasse loro ad investire
  • i blogger e i giornalisti non si iscrivevano poiché avevano pochi sbocchi e poca remunerazione

Il nostro business era basato prevalentemente sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori con un modello molto vicino a quello di una web agency.

La seconda versione 2012-2013

Avevamo capito che uno dei problemi più grossi dell’editoria stava nel modello di business. La pubblicità sul digitale non pagava come quella sul cartaceo. Uno dei motivi era quello che il modello era basato sulle visualizzazioni, più un articolo viene visualizzato e più è remunerativo grazie alla pubblicità.
Questo ovviamente ha portato ad un abbassamento incredibile della qualità degli articoli e delle visite che ha portato ad un abbassamento del valore di ogni visualizzazione che ha portato ad una diffidenza degli inserzionisti e così via. Questo era (ed è tutt’ora) un circolo vizioso che complica il business sul digitale di editori e giornalisti.
L’idea perciò è stata quella di legare la remunerazione della pubblicità alla qualità dell’articolo. Per fare questo andava sviluppato un algoritmo che riuscisse a dare un rating all’articolo. In questi anni abbiamo sviluppato il DAO Rank: un algoritmo che analizza semanticamente, geolocalizza, assegna un punteggio, ad ogni contenuto che passa all’interno dell’ecosistema.

Il nostro business continuava ad essere focalizzato sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori ma con un modello aziendale più vicino ad una “piattaforma”.

La terza versione 2014-2015

Nel 2014 abbiamo inserito un nuovo elemento nell’ecosistema: i brand. I brand intesi come qualsiasi azienda. Durante il lavoro di ricerca e sviluppo abbiamo verificato quanto stesse diventando importante per i brand promuoversi nel mondo digitale grazie ai contenuti di informazione. C’erano i primi segnali di diffusione del content marketing. I siti statici non performavano più come una volta poiché Google preferiva i contenuti freschi e frequenti e i social network, per loro natura, veicolavano maggiormente contenuti di informazione.

Abbiamo deciso allora di iniziare ad “affrontare” i brand proponendo loro il sito+blog+contenuti. Avevamo tutto:

  • piattaforma editoriale
  • automatismo per la creazione di siti
  • network di blogger e giornalisti per la produzione dei contenuti
  • un marketplace in versione embrionale ma già efficiente

Abbiamo lanciato DAO Square a fine 2014 , DAO Square offriva prodotti differenti per brand e per editori.
Per tutto il 2015 abbiamo seguito due ambiti: quello degli editori e quello dei brand.
In quello dei brand abbiamo avuto modo di testare il nostro prodotto, migliorarlo e vederne le reali criticità. Una di queste criticità è stata quella che il prodotto per i brand (per come era pensato e strutturato) andava a posizionarsi in un mercato già molto affollato, quello delle web agency e dei piccoli web developer e ci portava a dover lavorare quasi come una società di consulenza.

La quarta versione 2016

Nel 2016 abbiamo completato ulteriori sviluppi sul marketplace, attualmente il marketplace eroga circa 8 contenuti al giorno a pagamento e 50 contenuti al giorno free, per un totale medio mensile di 1500 contenuti che transitano nell’ecosistema. I numeri sono in netta crescita. E’ sempre più forte la richiesta di pacchetti di soli contenuti, sono prevalentemente editori che vogliono ampliare le tematiche trattate nei propri progetti editoriali e brand che hanno bisogno di rendere più dinamico il proprio sito.
Dall’analisi dei dati però abbiamo realizzato che i contenuti per i brand pubblicati su nostra piattaforma editoriale hanno buonissime performance (ad esempio: i nostri contenuti performano 5 volte una campagna AdWords a parità di budget investito). Queste performance sono dovute ad un mix tra:

  • qualità del contenuto
  • quantità del contenuto
  • efficienza della piattaforma editoriale
  • inserimento nell’ecosistema DAO News

Questi dati, insieme alla visione più “pubblicitaria” del nostro progetto ci ha spinto ad affrontare un ulteriore pivot. Questa volta in maniera radicale.
Abbiamo pensato di:

  • affrontare un rebranding del progetto: il nome DAO News ha un accezione eccessivamente giornalistica e
    che mal si sposa con il mercato del content marketing per i brand.
  • cambiare i prodotti offerti: i prodotti devono essere piattaforme editoriali digitali e strategie di contenuti per
    offrire performance ai brand;
  • mantenere l’anima giornalistica-ediriale-informazione del progetto, il lavoro di ricerca e sviluppo fatto in questi anni porterà i suoi frutti. Il lavoro sulla qualità dell’informazione andrà anche a beneficio delle campagne di content marketing per i brand

E’ grazie a questo lungo percorso che ora nasce DAO Content e che si presenta con il pay-off: “Content that performs“.

Più avanti ci sarà modo di parlare di questa nuova vita di DAO News e di tutti gli sviluppi di DAO Content in maniera molto approfondita. Stay tuned!

L’importanza del team in una startup

In una startup il team è tutto“, “Il successo di una startup è dovuto al team”, “I fondi investono solo su startup con un team forte“, “I founder di una startup devono fare molta attenzione alla costituzione del team”.

Quante volte abbiamo letto o sentito queste frasi? Personalmente tantissime, fin dall’inizio della mia avventura con DaoNews.

Vi confesso che inizialmente avevo sottovalutato l’importanza del team. Avevo pensato e ragionato parecchio sulla composizione del primo team ma le valutazioni erano spesso ingenue e condizionate dallo storytelling di quel periodo che raccontava il mondo fatato ed edulcorato della Silicon Valley.

Non sto dicendo che il team di DaoNews non fosse adatto o vincente, anzi. Il fatto che però lo fosse era dovuto forse più alla fortuna che non alla consapevolezza dell’importanza di un team ben strutturato in una startup.

Dal mio punto di vista (il mio punto di vista di 6 anni fa) il team che stavo andando a comporre era completo. Completo di tutte le professionalità che potevano essere fondamentali per la riuscita del progetto: una esperta in contenuti e piattaforma, uno sviluppatore, una designer, un sistemista, un esperto SEO, un esperto in digital marketing, un “investitore” appassionato di giornalismo e comunicazione, un traduttore in inglese con vocazione per l’aspetto commerciale, una madrelingua francese e me come CTO.

Si è vero, ero ingenuo e forse il team era sì forte ma non completo. Me ne accorsi non troppo tempo dopo, in particolare la prima volta quando due persone del team, per motivi loro, non hanno più potuto seguire il progetto e la seconda quando lo sviluppo dell’attività della startup ci portava a doverci avvalere di professionalità e competenze che non erano comprese nel team iniziale.

La prima riflessione è che inserire nuove persone in un team di una startup è un compito difficilissimo quindi il ragionamento “tutti sono importanti e nessuno è indispensabile” in questo caso vale meno. In una startup gli elementi del team, soprattutto del team originario, sono molto più importanti al limite dell’indispensabile.

La seconda riflessione riguarda il fatto che il team deve essere VERAMENTE completo. Io suddividerei il team in 3 aree:

  • tecnica e di prodotto
  • finanziaria, legale e amministrativa
  • commerciale e marketing

Le tre anime devono essere equilibrate e devono essere presenti e competenti allo stesso modo.

Questo ovviamente semplifica tantissimo la vita ai founder durante tutte le attività di avvio del progetto e allo stesso tempo permette di avere uno “zoccolo duro” affidabile, forte, consapevole ed estremamente coinvolto quando la crescita della startup sarà importante (o anche durante i tempi difficili).

Lista delle riflessioni

Di solito in questo genere di articoli questo è il momento della “lista dei consigli” ma in questo articolo ci sarà solo una “lista delle riflessioni”:

  1. è importante valutare la “cultura imprenditoriale” dei componenti del team, ogni componente deve avere una propensione al rischio ragionato orientato al business e avere la medesima motivazione nel perseguire l’obiettivo nonostante le difficoltà ovvie, frequenti, destabilizzanti
  2. è più importante la motivazione o la competenza? Ovviamente entrambe ma dovendo scegliere io sceglierei la motivazione (partendo dal presupposto che un po’ di competenza ci sia). Se un componente del team è fortemente motivato può colmare in breve tempo il gap di competenze utili allo sviluppo delle attività e del progetto
  3. importantissime sono le esperienze precedenti. Cercare di conoscere a fondo il background dei componenti permette di capire se hanno vissuto situazioni simili o che possono verificarsi anche nel progetto. Questo permetterebbe loro di ripercorrere le stesse soluzioni vincenti o di evitare errori già fatti. Ne beneficerebbe tutto il team e il progetto.
  4. se nel team c’è il fuoriclasse è importantissimo tenerselo stretto. Lavorare perché si creino le condizioni giuste perché il team non si scomponga o perda pezzi. Soprattutto i componenti migliori. In questo caso “prevenire è meglio che curare” quindi è fondamentale anticipare ogni possibile crepa o criticità e fare in modo che tutto il team valuti quanto può portare di positivo la presenza di un componente del team rispetto a quanto può essere complicato cambiarlo.
  5. è meglio far giocare ogni componente nel proprio ruolo. Se un componente ricopre nel piccolo della startup il ruolo che vorrebbe ricoprire in una grande azienda sarà spinto dalla sua ambizione. Ambizione che lo porterà a performare meglio e ad essere più motivato. Il commerciale come direttore commerciale, il project manager come direttore generale, l’economista come CFO, il designer come direttore creativo, lo sviluppatore come CTO e così via…

Per concludere un’ultima riflessione: la “costruzione” del team è un lavoro in divenire, non si smette mai di dover comporre e ricomporre il gruppo. Le esigenze della startup cambiano velocemente, il modello di business pure, la situazione finanziaria anche. Ogni periodo storico della startup porta ad un assetto diverso, ad equilibri di competenze e di professionalità diversi.

Ma avere un team forte e compatto fin dall’inizio rende vere tutte quelle frasi che continueremo a sentirci dire… team e startup di successo…team e finanziatori…team e fondi di investimento….team e scale up… e via e via…

Fare startup nel mondo dell’editoria digitale: vi presento DaoNews

Iniziamo con le presentazioni: eccovi DaoNews, startup innovativa che opera nel mondo dell’editoria digitale.

DaoNews è la prima startup che vi presento in questo blog, è la startup che occupa la maggior parte dei miei pensieri, quella sulla quale ho investito di più in fatto di tempo, denaro e nottate insonni.

Presentare questa startup mi permette anche di introdurre alcuni temi che riguardano l’editoria digitale, temi che diventeranno ricorrenti in questo blog.

Primo logo DaoNewsL’idea di DaoNews nasce nel 2010 da un pensiero molto limpido e chiaro riguardo al mondo dell’informazione e alla trasformazione radicale che ci sarebbe stata con l’arrivo del digitale e di Internet. Il pensiero aveva come asse portante il concetto di qualità e, in particolare, la qualità dell’informazione e del contenuto.

In realtà il progetto è nato dal nulla, in un bar in riva al fiume e successivamente trasferitosi in un garage trasformato in “ufficio” dove l’ingrediente fondamentale era l’entusiasmo. Un garage di 20Mq dove stavamo in 8, sembra una sceneggiatura di un film sulle startup della Silicon Valley ma è semplicemente un pezzo di storia di questa azienda.

In quegli anni iniziavano a vedersi segnali di crisi dell’editoria preoccupanti: la pubblicità online non remunerava più come quella offline, le redazioni iniziavano ad essere sovra dimensionate, i modelli di editoria digitale erano in fase di evoluzione-rivoluzione.

I due segnali che più ci saltavano all’occhio erano:

  • i giornalisti avevano sempre più difficoltà a trovare spazi per poter fare il loro lavoro serenamente e seriamente
  • il livello di qualità dell’informazione tendeva ad abbassarsi vertiginosamente

Da questa osservazione nasce appunto l’idea di intraprendere questo viaggio e di pensare, progettare, sviluppare e lanciare un progetto che potesse risolvere alcuni di questi problemi.

Il problema principale era il modello di business che nel mondo dell’editoria non funzionava più, la pubblicità sul digitale non riusciva a sostenere i costi degli editori che avevano un’impostazione aziendale basata sul modello di editoria tradizionale. Inoltre il mezzo digitale imponeva alle redazioni un “ritmo” diverso, molto più veloce ed immediato, e un rapporto con il lettore radicalmente diverso.

I punti da analizzare erano (e sono anche oggi) tantissimi ed è per questo motivo che la via da seguire era quella più difficile: non potevamo progettare una semplice app o un semplice sito ma avevamo bisogno di immaginare un piccolo/grande ecosistema dell’informazione. Un ecosistema che, grazie alle sue dinamiche e caratteristiche, favorisse la crescita di tutti gli “attori” del mondo dell’informazione:

  • blogger e giornalisti
  • editori
  • lettori
  • inserzionisti

Lo so, lo so, progetto molto ambizioso, ma come vi ho detto prima… c’era tanto tanto entusiasmo nell’aria. L’ambizione comunque non è mai sparita, anzi, semmai si è rafforzata negli anni. Ora è un’ambizione più consapevole e lucida.

E’ interessante notare che ancora oggi i quesiti che riguardano l’informazione digitale sono apertissimi. In queste settimane il dibattito è molto vivace ed è focalizzato sul tema delle “fake news” e del ruolo che le piattaforme quali Facebook e Google hanno nella diffusione delle stesse. Ne parlano ad esempio Arianna Ciccone e Fabio Chiusi in un articolo pubblicato su Valigia Blu (Le notizie false, Facebook e i media). Consiglio inoltre di leggere un post veramente molto interessante di Luca De Biase “Qualità dell’informazione come progetto che pone l’attenzione proprio sul rapporto tra informazione e piattaforme, e in maniera indiretta, ma secondo me ancora più importante, sul rapporto tra modello di business e qualità dell’informazione.

Ed è proprio analizzando questo rapporto che DaoNews nei primi due anni e mezzo ha lavorato sul concetto di qualità e su algoritmi e dinamiche che legassero, detto in parole semplici, la remunerazione del contenuto alla qualità del contenuto di informazione.

Inoltre una domanda che Luca De Biase si pone nel suo post è “Può essere che Facebook riesca a risolvere il problema della circolazione delle bufale sul social network? O ci vorrà un approccio totalmente nuovo che non verrà mai in mente ai tecnici di Facebook?”. Ed è in qualche modo la domanda che ci siamo fatti anche noi quando abbiamo intrapreso il percorso di DaoNews: possono essere le piattaforme esistenti a trovare una soluzione ai vari problemi dell’editoria o ci vuole un progetto nuovo e che parta da una prospettiva diversa?

Ovviamente noi abbiamo scelto la seconda opzione ed è così che abbiamo iniziato a trasformare l’idea in un progetto.

Per ora mi fermo qui con il racconto, l’intenzione era di fare una piccola introduzione al progetto DaoNews. La storia però continua ed è ricca di spunti interessanti.

Avremo modo di tornarci a breve.