Ha ancora senso avere un blog?

Se ci penso è veramente da tanti tanti anni che in molti pronosticano la morte dei blog. Secondo me, più o meno da poco tempo dopo la loro nascita.

Io sinceramente non c’ho mai creduto. E vedo che insieme a me, tanti altri continuano a non crederci. Molti di questi sono dei veri esperti di digital marketing e vedono nel blog il luogo dove creare relazioni forti e durature con la propria audience e i propri clienti.

Ho iniziato a lavorare con i blog nel lontano 2009. Dopo l’esperienza del comparatore prezzi (OkPrezzi) avevo capito che i motori di ricerca avrebbero dato sempre più importanza ai contenuti “freschi”, ai contenuti aggiornati e di informazione. E i blog, già da allora, erano uno strumento formidabile.

Mi ricordo che un po’ per intuito e un po’ di fortuna, scegliemmo WordPress come CMS, e fu una scelta decisamente azzeccata, probabilmente in quel periodo non si poteva ancora capire veramente il successo che avrebbe avuto WordPress negli anni seguenti.

Nel 2009 iniziammo con un network di blog tematici. Ambiente, lusso, musica, cinema, racconti, libri, ricette, etc. Era un vero e proprio strumento di content marketing che utilizzavamo per attirare traffico di qualità da indirizzare poi verso il comparatore prezzi.

Questo era Ok-Ambiente nel 2010, uno dei blog del network.

Ripeto, 2009…. esattamente 10 anni fa… In maniera molto empirica avevamo intuito la forza che i contenuti di qualità avevano in ambito digitale. Facebook era in Italia da poco più di un anno e il traffico arrivava quasi esclusivamente dai motori di ricerca.

Molte aziende all’epoca hanno totalmente snobbato il blog, molti imprenditori e responsabili marketing sembravano quasi terrorizzati dal confronto con gli utenti; i blog davano infatti l’opportunità agli utenti di commentare gli articoli proposti, e bloccare i commenti era visto quasi come sacrilegio.

In realtà è la stessa reazione che hanno avuto i giornalisti e gli editori quando il digitale ha permesso a tutti gli utenti di commentare quello che veniva scritto sulle proprie testate.

E’ interessante notare però come poi le aziende si siano letteralmente lanciate verso piattaforme quali i social network dove l’interazione e la partecipazione degli utenti è ancora più libera, difficile da gestire e spesso molto lontana dal posizionamento del brand.

Gli editori sono arrivati addirittura a cedere i propri contenuti alle grandi piattaforme quali Facebook… mah!

Ma dopo anni di “sbornia” di social network, sto notando da qualche mese a questa parte un ritorno al proprio sito/blog/magazine da parte delle aziende e degli editori. Finalmente, aggiungerei io.

Lavorare bene sul proprio sito permette ad una azienda di gestire al meglio il percorso dell’utente, dal momento in cui arriva sul sito stesso fino ad una eventuale conversione dell’utente in cliente. Se una azienda lavora prevalentemente sui social network o su piattaforme esterne e non cura le proprie digital properties (sito, blog, magazine, ecommerce, etc.) è sottoposta e diversi rischi, ad esempio:

  • la piattaforma esterna può chiudere la pagina a causa di qualche violazione o segnalazione
  • la piattaforma può cambiare l’algoritmo e i contenuti prodotti e pubblicati non vengono più visualizzati come prima
  • per raggiungere un più ampio target le piattaforme spingono le aziende a spendere in sponsorizzate
  • i contenuti prodotti sono pubblicati su piattaforme esterne e quindi non completamente a disposizione dell’azienda
  • i contenuti prodotti e pubblicati su piattaforme diverse creano un certo “disordine” nella strategia e una dispersione dell’audience nelle diverse piattaforme
  • l’ingaggio degli utenti avviene in un contesto esterno rendendo difficile, ad esempio, l’iscrizione ad una newsletter o la richiesta di contatto

Di seguito alcuni consigli che con DAOContent diamo alle aziende quando lavoriamo con loro:

  • curare il proprio sito internet nei dettagli in modo che per l’utente sia naturale chiedere un contatto, effettuare un acquisto, iscriversi alla mailing list etc.
  • sviluppare un blog (o addirittura un magazine digitale) con una linea editoriale forte e di qualità, in modo che diventi il digital hub dell’azienda, il centro delle attività della strategia content
  • curare tutti i canali social in modo da sfruttare la visibilità e l’audience e attivare gli utenti verso “la propria casa digitale”

Insomma, penso che i blog abbiano ancora una lunga vita, magari prenderanno altre forme e avranno funzionalità evolute, ma sono sicuro che avranno un ruolo importante nelle attività di digital marketing di aziende e professionisti.

Voi cosa ne pensate?

Meglio postare in un blog o pubblicare su Facebook per un brand?

Aggiornare una pagina business di Facebook e curare un blog aziendale, a prima vista, sono cose molto diverse. Le aziende possono avere successo facendo solo l’una o anche l’altra cosa, ma la maggior parte di loro si afferma e resta in alto facendole entrambe. Tuttavia, la domanda del titolo resta in piedi. Cerchiamo di non lasciarla inevasa spiegando e argomentando il più possibile perché secondo noi al blog, se hai un’azienda, non puoi proprio rinunciare, anche se puoi contare su una pagina Facebook di successo.

Pubblicazione su un blog
La modalità di default del web marketing di un brand è il blog. Non è in discussione. Esistono migliaia di case study e ricerche che spiegano il perché le marche hanno bisogno di un blog. Certo, è possibile crescere e farsi conoscere iniziando da una pagina Facebook, ma poi arriva la necessità di uno spazio comunicativo proprio per consolidarsi e coltivare al meglio la propria audience.
Un blog è

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Quando l’economia della fiducia sorpassa la SEO

Immaginatevi la scena in cui un padre dice al figlio: “un tempo qui era tutto content marketing”, riferendosi alla fine degli anni ’10 di questo secolo.
Alla fine dei conti in questo decennio il trend ormai è chiaro e definito: i contenuti sono diventati il principale strumento di attrazione per moltissime aziende.
Se ci guardiamo indietro, capiamo che questo sviluppo non è frutto soltanto di una moda che si è imposta insieme con la nascita dei blog, e neanche frutto di un mero calcolo di SEO, quanto piuttosto una necessità alimentata dalla nascita dell’economia della fiducia. 
Già un paio d’anni fa, un’agenzia di comunicazione statunitense, la Ciceron, aveva elaborato in modo piuttosto sintetico i benefici dell’adozione di strategie di content marketing:
il 92% delle aziende che aggiornano costantemente il proprio blog acquisiscono in media un nuovo visitatore (e potenziale cliente) al giorno;
il 78% dei consumatori crede che le organizzazioni che producono contenuti diretti a loro vogliano instaurare una relazione;
il

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Contenuti autocelebrativi: perché sono un errore nel content marketing

Sono tramontati i tempi dei siti aziendali statici in cui potevano trovar spazio solo banner con offerte esclusive e contenuti autocelebrativi come “Siamo i migliori del settore” oppure “Fidati dei numeri uno”. Il trend è cambiato perché il content marketing, e più in generale l’inbound marketing, ha cominciato a prender piede sovvertendo l’ordine delle cose. Adesso non è più il libero professionista o l’azienda che va a cercare i suoi clienti, ma sono i clienti che cercano i brand.
Anche i rapporti sono cambiati, semplicemente perché adesso aziende e singoli professionisti puntano a costruire un canale diretto con il cliente. E il cliente contento non mancherà di diventare cassa di risonanza per la diffusione e la promozione della qualità dei servizi/prodotti offerti. La web reputation è quello che un tempo era il passaparola nelle piazze o nei salotti, con il vantaggio (o il peso) non trascurabile di poter essere tracciata, quantificata ed analizzata.
 
Contenuti autocelebrativi, sempre da evitare

 
La reputazione

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