Perché l’azienda deve diventare Media Owner

Mi ricordo che già verso la fine del 2013, in DAONews parlavamo di contenuti di informazione al servizio delle aziende. In quel periodo eravamo a Cagliari, ospitati all’interno dell’incubatore di aziende e startup The Net Value.

Lavoravamo tanto con gli editori, i giornalisti e i blogger e avevamo davanti l’evidenza che i siti che facevano più visite erano quelli editoriali mentre quelli istituzionali delle aziende avevano problemi di visibilità.

Allo stesso tempo, l’advertising digitale non portava più i risultati di qualche mese prima, i banner nei siti erano troppo invasivi e i social network avevano fame di contenuti generati dagli utenti, prevalentemente di contenuti di informazione.

Già da allora iniziammo a proporre alle aziende un servizio di content marketing, era forse prematuro, però ci ha permesso di fare tanta esperienza e tanta ricerca e sviluppo.

Penso però che alle soglie del 2019 le aziende non possono più prescindere da una giusta strategia editoriale digitale e di content marketing. Le aziende hanno la necessità di prendere possesso direttamente dell’informazione relativa a se stesse e al proprio settore, diventando esse stesse influencer e fonti autorevoli.

Il nuovo ruolo dei clienti: i consum-attori/la sharing economy

come si muovono i clienti-utenti nel mondo digitale? in due maniere:
  1. conoscono già il brand (ad esempio “Nike”) e vanno direttamente sul sito o sulla app dell’azienda per trovare informazioni sul prodotto e/o sull’azienda;
  2. non conoscono il brand ma vogliono avere qualche info a riguardo, ad esempio: “quali sono le scarpe da basket usate da Michael Jordan?”
Gli utenti del secondo gruppo faranno una ricerca sui motori di ricerca e troveranno risultati che rispondono alla loro domanda, o intercettano queste info sui social network. Gli stessi utenti, dopo aver trovato la risposta, condivideranno questo contenuto con la propria comunità attraverso i social e su altre piattaforme digitali come whatsapp o messenger per informare/allertare.

Il prodotto media

Un’azienda oggi deve avere una identità digitale che le permetta di essere conosciuta e condivisa. 
Avere un’identità digitale non è solo avere un sito internet o un e-commerce
Avere un’identità digitale significa essere digitalmente produttivi, avere  valori da condividere, intrattenere rapporti con la propria clientela e soprattuto creare contenuti per promuovere i propri valori.
 
L’azienda oggi ha l’incredibile opportunità di produrre in completa autonomia e secondo i propri valori contenuti digitali di alta qualità  che siano in grado di rispondere alle “domande degli utenti”, per aiutarli nel completare la loro formazione/informazione durante la loro esperienza di acquisto evitando di cadere vittima delle fake news. 
 
L’azienda grazie a questa attività di produzione di contenuti controllare in modo diretto la propria immagine, rendendosi autonoma dalle logiche del mondo tradizionale dei media e degli editori, con DAOContent l’azienda  diventa essa stessa un media un influencer, una fonte credibile, affidabile e riconosciuta.

La delivery  

Come lo facciamo? Attraverso la creazione di progetti editoriali ad hoc e in esclusiva con un servizio “chiavi in mano” che comprende:
  1. magazine digitale e app mobile
  2. produzione e pubblicazione di contenuti di altissima qualità con grandissima frequenza
  3. diffusione e viralizzazione degli stessi contenuti su social network (i social network sono la fonte di visibilità dalla quale attirare utenti verso il proprio progetto editoriale)
  4. strategia avanzata di digital marketing
  5. eventi, iniziative speciali, accordi con altri media etc..

Quali sono i vantaggi immediati per l’azienda? 

Migliorare il posizionamento del brand.
Esempio concreto  CheFuturo per CheBanca, associare il brand di CheBanca ai contenuti di alta qualità e come tematica principale “il digitale e l’innovazione” permettevano a CheBanca di essere percepita dagli utenti come una banca digitale e innovativa;
Migliori performance digitali
I siti e le app editoriali sono tra i siti più visitati e le app più longeve.
Grazie alla piattaforma, ai contenuti e a tutto il servizio possiamo garantire risultati concreti in fatto di visibilità, conversioni, engagement, lead etc.
Arriveranno al sito dell’azienda utenti che avevano l’intenzione di sapere qualcosa di più riguardo alle tematiche proposte dall’azienda nel progetto editoriale (marketing dell’intenzione)

Contenuti e qualità

Ieri, prima di andare a lavoro, facevo come al solito un giro tra le notizie fresche di mattinata e mi sono imbattuto in un articolo del Corriere (Chi sono i leader (politici) sul web: “Post brutali? La gente vuole quelli”) che mi ha portato a ripensare alla situazione dei contenuti sui social media e sull’informazione.

Lascio volutamente da parte l’aspetto “politico” di questo articolo e voglio concentrarmi esclusivamente sull’aspetto più “tecnico” relativo alle dinamiche dell’informazione digitale. Penso infatti che in questo articolo ci siano tutti gli elementi, materializzati e mostrati con esempi reali, della situazione dell’informazione in Italia in questo momento:

  • le cause
  • lo stato delle cose
  • le conseguenze

LE CAUSE

«Meno scrivi e più cammini. L’algoritmo di Facebook, quello che fa viaggiare i contenuti, è ignoto e anche abbastanza ignorante».

Facebook (ma anche le altre piattaforme e social network) ha un algoritmo che effettivamente nessuno conosce realmente, ma dai risultati che alcuni post ottengono si può facilmente dedurre che questa frase è esatta: i contenuti brevi e di impatto girano meglio e non importa realmente la sostanza del contenuto che viene veicolato. L’obiettivo di qualsiasi piattaforma è di catturare l’attenzione dell’utente trattenendolo il più possibile all’interno del proprio mondo (app o sito web che sia), e lo fa offrendo all’utente quello che l’utente si aspetta di ricevere, evidenziando contenuti “vicini” al pensiero e al sentimento dell’utente stesso.

LO STATO DELLE COSE

Il mese scorso questo ex capocantiere […] ha generato quasi un milione e mezzo di interazioni su Facebook.

In un solo mese il numero di interazioni su Facebook generato dalle pagine politiche «unofficial» ha raggiunto livelli paragonabili a quelli dei media tradizionali e ha superato di netto le pagine «official»

Le pagine “non ufficiali”, ma più in generale le pagine popolate da contenuti generati dagli utenti, hanno ormai acquistato terreno per quanto riguarda le performance e la visibilità. Editori e pagine ufficiali in tanti casi non riescono a tenere il passo lasciando spazio a contenuti spesso non verificati e magari di dubbia qualità.

No, non è militanza per Gangemi. È sopravvivenza. Un click vale in media dieci centesimi.

In questa frase è riassunta, secondo me, una parte consistente della causa di tutto: il modello di business dell’informazione digitale continua ad essere basato sulla pubblicità. Il “click” è l’obiettivo ultimo sia degli utenti che producono contenuti sia degli editori.

LE CONSEGUENZE

Gli editori, i giornalisti, le fonti autorevoli hanno impostato tecnologia e linee editoriali per raggiungere obiettivi dettati dall’adv basati sui click o sulle impression. Questo favorendo ovviamente la produzione di contenuti di una qualità molto vicina a quella dei contenuti prodotti dagli utenti e dalle pagine “unofficial”.

Lui sa che seguendo le correnti le si rendono inondazioni, ma anche che le maree possono rovesciarsi. «L’altro giorno ho scritto sul governo: basta parole, ora i fatti. Ho notato che hanno condiviso in tremila. Riproverò».

Una ulteriore conseguenza è una crescente polarizzazione delle opinioni, la selezione dei contenuti da leggere da parte degli utenti avviene tramite il “pregiudizio di conferma”, che porta principalmente le persone a ricercare nelle notizie una conferma alla propria opinione e non la verità sui fatti.

E, come scritto nell’articolo, le maree possono rovesciarsi e di conseguenza opinione comune e contenuti che la sostengono possono improvvisamente cambiare direzione e puntare verso altri sentimenti e altre opportunità di click e impression.

Il dibattito su qualità di contenuti, fake news, post verità, user generated content, verifica delle fonti è ormai da anni presente in tutti i tavoli e occasioni di incontro, di ragionamento, studio, analisi. Sia i big (ad esempio Google) che molte startup stanno lavorando per trovare una soluzione a questi problemi.

A mio parere focalizzarsi su alcuni punti porterebbe benefici in tempi brevi:

  • distinguere i contenuti in base alla qualità
  • definire la qualità del contenuto in base alla verifica del contenuto
  • la verifica del contenuto deve essere basata su un metodo che tenga conto, ad esempio, della verifica delle fonti
  • valorizzare, anche in senso monetario, i contenuti caratterizzati da quella qualità definita dal metodo

E’ quello che facciamo in DAOContent. I contenuti che vengono prodotti per le aziende e i brand hanno queste caratteristiche. Il motivo reale è supportare la credibilità del brand con contenuti veri e di qualità, valorizzandoli al meglio e avendo, come ricompensa, performance e visibilità per l’azienda.

Riteniamo che anche questo che facciamo sia parte, sicuramente una piccola parte, della soluzione per l’informazione di qualità.

 

Dall’editoria digitale al content marketing

E’ un periodo storico interessante per quanto riguarda il marketing digitale e l’editoria digitale. Oggi più che mai le due strade sono vicinissime, talmente vicine che si incrociano e si sovrappongono.

Il digitale, soprattutto in ambito mobile, ha portato ad una rivoluzione nel mondo del marketing, la “pubblicità” per come era intesa fino ad ora e pensata per la televisione non ha più lo stesso impatto sull’utente. Si è passati da un marketing della persuasione in un marketing delle intenzioni.

I brand cercano di captare le esigenze degli utenti che navigano nel mare del mondo digitale (composto da siti, motori di ricerca, forum, social network, etc.), per poi “associarle” ad uno dei prodotti o servizi in catalogo. Lo fanno cercando di proporre all’utente un’informazione, un contenuto, un valore in cambio del suo interesse e della sua fiducia. L’utente interessato a quella informazione sarà probabilmente un utente che ha una determinata esigenza, esigenza che può essere risolta dal prodotto giusto.

D’altra parte la definizione di content marketing (quella che io preferisco) è chiara:

Content marketing:

è qualunque forma di marketing che implica la creazione, la condivisione e la pubblicazione di contenuti allo scopo di acquisire clienti. Questo genere di informazioni possono essere presentate attraverso una varietà di formati, incluse notizie, video, white papers, e-books, infografiche, case history, guide, domande, articoli di risposta, foto ecc. Il content marketing non è focalizzato sulla vendita (almeno non esplicitamente), ma sul comunicare e informare consumatori e potenziali clienti. L’idea è di generare business e ispirare fedeltà da parte degli acquirenti attraverso un “consistente e continuo flusso di informazioni di valore”.

I brand hanno quindi necessità di essere presenti e visibili nel mondo digitale e devono iniziare a ragionare come un canale “all news”: fornire contenuti di informazione di qualità in maniera costante e organica. Ed è qui che l’editoria e il giornalismo entrano in gioco. I brand diventano “media owner” ma non sono strutturati per esserlo. I giornalisti e le redazioni possono dare un supporto a patto che non venga meno la qualità dell’informazione, intesa nel senso più giornalistico e civico del termine.

Se i reparti marketing dei brand iniziano a pensare in questa maniera otterrebbero molteplici vantaggi. Grazie allo studio fatto col progetto DAO News e allo sviluppo del nuovo DAO Content, sappiamo che l’informazione di qualità nelle campagne di content marketing migliora la percezione che l’utente ha del brand e allo stesso tempo migliora i risultati ottenuti dal brand grazie alla propria campagna.

Senza tralasciare il fatto che i brand che si trasformano in media assumono un ruolo importante nella società che necessità però uno spirito civico nella pianificazione delle campagne di content marketing.

Per questo è importante lavorare per migliorare la qualità dell’informazione nelle campagne di content marketing e solo un giornalismo di qualità e con metodo può aiutare a raggiungere questo obiettivo.

Trovare un equilibrio tra brand ed editoria potrebbe essere un “win-win deal” grazie al quale ci sarebbe una piccola vittoria per tutti. E’ importante continuare a lavorare per arrivare a questo.

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