Come si fa un live tweeting efficace, anche ascoltando La Traviata

Esiste una vetrina formidabile per le aziende, le startup ed i professionisti: gli eventi di settore. Il networking in queste occasioni non passa solo dall’incontro fisico ma anche dalle interazioni sui social. In particolare il live tweeting, ovvero raccontare a colpi di tweet ciò che in tempo reale accade, è uno dei metodi più efficaci per far notare il tuo brand anche senza parlare sul palco dei relatori.
Il potenziale di fuoco è enorme, anche se hai aperto l’account Twitter il giorno prima e puoi contare solo su 20 followers. Più la risonanza dell’evento cresce, più crescono in qualità le interazioni, più si fanno alte le possibilità di ottenere l’attenzione di chi ancora non ci conosce.
Ma come si fa un live tweeting efficace? Ovvero, come si fa a raccontare a chi non ha la possibilità di essere fisicamente all’evento le proprie impressioni, la successione degli interventi, l’atmosfera che si genera in un particolare appuntamento?
Non

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Bot di Instagram: il lato oscuro dell’influencer marketing

Siamo tutti concordi nel riconoscere quanti benefici abbia apportato l’influencer marketing all’impatto espositivo dei prodotti di moltissime aziende, sia in Italia che all’estero. Si può anzi affermare, in alcuni casi, che la brand awareness di specifici marchi sia stata praticamente costruita così.
Fino a qui tutto bene, soprattutto se si guarda il fenomeno in una visione d’insieme. Ma se si va a restringere il campo, la narrazione ottimistica dell’influencer marketing comincia ad avere i connotati di una vera e propria distorsione della realtà. A tutto svantaggio delle aziende però.
Non è di poco conto la distanza tra l’entusiastica (e un po’ cialtrona) propaganda dell’influencer marketing, fomentata da agenzie che forniscono appositi pacchetti di micro-testimonial, e quello che vede un social media manager più smaliziato nella sua quotidiana rassegna del feed di Instagram.
Perché parlo proprio di Instagram? Perché è su questo social network che la frode è all’ordine del giorno. Sui blog si può barare poco,

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Come funziona l’algoritmo di Instagram: i 7 fattori chiave

Il nuovo algoritmo di Instagram ha compiuto già un anno di rodaggio, ma tutt’ora rimangono molti dubbi su come effettivamente funzioni. Come già saprete, nella primavera nel 2016 fu lanciata la prima sperimentazione su larga scala di un feed organizzato secondo un ordine di rilevanza dei contenuti, invece di quello cronologico.
È stato accolto all’esordio con un certo smarrimento misto a frustrazione da molti utenti e brand, in quanto Instagram con l’adozione del nuovo algoritmo diventava sempre più simile al “fratello maggiore”, Facebook, penalizzando la portata organica delle foto e dei video, con il chiaro intento di spingere verso le inserzioni e verso una maggiore permanenza sull’app.
Non sono mancate le proteste da parte degli utenti, con tanto di hashtag #RIPInstagram, e poi una corsa verso l’attivazione delle notifiche. Un po’ tutti erano d’accordo sul fatto che con questo nuovo feed la piattaforma avrebbe perso quella connotazione d’istantaneità che l’aveva da sempre caratterizzata. Ma dall’altro lato si

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Hashtag migliori su Instagram, ecco i segreti per trovarli

Individuare gli hashtag migliori su Instagram non è così scontato. Ma è fondamentale per usarlo nella maniera più proficua. Ancor di più in un momento in la sua crescita appare inarrestabile. La piattaforma creata da Kevin Systrom e Mike Krieger nel lontano 2010, infatti, ha appena sfondato la quota 700 milioni di utenti. Uno sviluppo talmente veloce e massiccio che il New York Times si è lasciato andare a previsioni di un futuro ancor più roseo:  “Instagram sarà il nuovo Facebook”.
Vi offro questi numeri perché per un privato o un’azienda interfacciarsi con questa vetrina è diventato quasi un obbligo. Non tanto per vendere “a freddo” su Instagram (questo accade solo per pochissimi brand molto affermati anche offline), quanto perché farsi conoscere attraverso le immagini e creare una community è un’ottimo preludio al business vero e proprio.
Oggi vi rileverò qualche trucco per sviluppare una corretta strategia di esposizione, per fare in modo che i

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Facebook Spaces e realtà aumentata: le scommesse di Zuckerberg

Vi ricordate la scena di Mark Zuckerberg che entrava nella platea gremita del Mobile World Congress di Barcellona del 2016? Tutti i giornalisti e accreditati indossavano visori Gear VR, creando un effetto che a qualcuno ha fatto sovvenire a tanti qualche distopia in stile “Black Mirror”.
 

 
Quel giorno Mr. Zuckerberg aveva annunciato che una divisione interna del colosso di Menlo Park avrebbe lavorato su una versione virtuale del social network. Adesso il prodotto di quel team è giunto a maturazione.
Il CEO direttamente dal palco della F8, la conferenza dedicata agli sviluppatori di Facebook a San Jose (California) ha annunciato il lancio di Facebook Spaces, un’applicazione per la realtà virtuale che sarà disponibile fin da subito in versione beta sull’Oculus Rift, il visore VR di Facebook. Ma le novità non finiscono qui.
 
Messenger, sempre più al servizio delle aziende
Nato come servizio accessorio a Facebook, soprattutto per agevolare la messaggistica e inizialmente porsi in concorrenza con

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Instagram e content marketing: 4 consigli per i brand

Instagram è il regno indiscusso del content marketing visuale. A differenza di altri canali non è solo un mezzo per arrivare ad un pubblico di amici o potenziali clienti, come possono essere altri social network – vedi Facebook o Pinterest -, ma è anche una piattaforma per creare contenuti.
Probabilmente è questa una delle ragioni per cui è diventato così popolare nella fascia dei Millennials e risulta sempre in forte e costante ascesa nelle preferenze dei brand, che hanno iniziato a riservare budget importanti alla cura dei propri profili su quello che, d’altronde, è il social dell’immagine per eccellenza. Inoltre c’è l’elemento non marginale dell’engagement: nessuna altra piattaforma è ad oggi in grado di garantire un coinvolgimento così elevato.
Sono lontani i tempi in cui gattini, selfie, piedi e colazioni rappresentavano la “dieta” quotidiana visuale riservata a ogni avventore di Instagram. Complice una rincorsa verso la qualità e un progressivo abbandono dell’elemento “istantaneo” della condivisione, sia l’utente alle prime armi

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