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Quando “cambiare rotta” fa bene ad una startup

Le startup innovative per definizione navigano in mare di incertezze e di vulnerabilità. Avviare il progetto di una startup presuppone che i founder conoscano alla perfezione l’esigenza o il problema che la loro idea vuole risolvere. Spesso però la stessa consapevolezza e conoscenza non è presente se andiamo a vedere il prodotto o il servizio che la startup deve sviluppare e offrire per risolvere questo problema o rispondere a questa esigenza.
In realtà, per esperienza personale e per le varie startup che ho incontrato in questi anni, i founder sono sicuri che il prodotto o il servizio che hanno pensato è quello giusto, quello che risolverà il problema o risponderà a quella esigenza e che trasformerà la loro startup in una azienda multinazionale.
Ero anche io così, con DaoNews, fino a pochissimo tempo fa. Ero convinto del prodotto e dei servizi che DaoNews andava ad offrire.
Ero convinto del prodotto o del servizio, ma sapevo che c’era qualcosa che non andava, pensandoci ora c’è sempre stato qualcosa poco definito. Se fosse stato il prodotto giusto penso che DaoNews in questo momento avrebbe già avuto una grande accelerazione e crescita. Ma ciò non è avvenuto e questo significa che il prodotto non era quello giusto, o forse non eravamo focalizzati sull’esigenza giusta.
In questi casi, quando il prodotto non è quello che fa spiccare il volo, è necessario che i founder decidano velocemente e con determinazione di cambiare rotta. Nella storia di una startup questo momento si chiama “pivot” e deriva dal linguaggio del basket. Il pivot è un concetto fondamentale dell’approccio Lean Startup elaborato nel 2008 dall’imprenditore Eric Ries. La metodologia Lean Startup prevede lo sviluppo di un “prodotto minimo utilizzabile” che permette alla startup di validare subito il prodotto o il modello di business e verificarne l’esattezza. In caso contrario la startup può velocemente cambiare rotta (pivot) in modo da aggiustare il tiro senza però aver utilizzato tempo e risorse in eccesso.
In DaoNews questi momenti li abbiamo affrontati più volte.
Un po’ di storia di DAO News
La prima versione 2011
L’ecosistema di DAO News era composto da:
- una piattaforma di blogging per giornalisti e blogger
- una piattaforma editoriale per gli editori
- un aggregatore delle notizie prodotte e pubblicate in tutta la piattaforma per i lettori
- un adserver per gli inserzionisti
La crescita di questo ecosistema risultava molto difficile poiché:
- gli editori non investivano nella piattaforma tecnologica soprattutto a causa delle difficoltà economiche
- gli inserzionisti non investivano in un ecosistema nel quale non si era raggiunta la massa critica che invogliasse loro ad investire
- i blogger e i giornalisti non si iscrivevano poiché avevano pochi sbocchi e poca remunerazione
Il nostro business era basato prevalentemente sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori con un modello molto vicino a quello di una web agency.
La seconda versione 2012-2013
Avevamo capito che uno dei problemi più grossi dell’editoria stava nel modello di business. La pubblicità sul digitale non pagava come quella sul cartaceo. Uno dei motivi era quello che il modello era basato sulle visualizzazioni, più un articolo viene visualizzato e più è remunerativo grazie alla pubblicità.
Questo ovviamente ha portato ad un abbassamento incredibile della qualità degli articoli e delle visite che ha portato ad un abbassamento del valore di ogni visualizzazione che ha portato ad una diffidenza degli inserzionisti e così via. Questo era (ed è tutt’ora) un circolo vizioso che complica il business sul digitale di editori e giornalisti.
L’idea perciò è stata quella di legare la remunerazione della pubblicità alla qualità dell’articolo. Per fare questo andava sviluppato un algoritmo che riuscisse a dare un rating all’articolo. In questi anni abbiamo sviluppato il DAO Rank: un algoritmo che analizza semanticamente, geolocalizza, assegna un punteggio, ad ogni contenuto che passa all’interno dell’ecosistema.
Il nostro business continuava ad essere focalizzato sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori ma con un modello aziendale più vicino ad una “piattaforma”.
La terza versione 2014-2015
Nel 2014 abbiamo inserito un nuovo elemento nell’ecosistema: i brand. I brand intesi come qualsiasi azienda. Durante il lavoro di ricerca e sviluppo abbiamo verificato quanto stesse diventando importante per i brand promuoversi nel mondo digitale grazie ai contenuti di informazione. C’erano i primi segnali di diffusione del content marketing. I siti statici non performavano più come una volta poiché Google preferiva i contenuti freschi e frequenti e i social network, per loro natura, veicolavano maggiormente contenuti di informazione.
Abbiamo deciso allora di iniziare ad “affrontare” i brand proponendo loro il sito+blog+contenuti. Avevamo tutto:
- piattaforma editoriale
- automatismo per la creazione di siti
- network di blogger e giornalisti per la produzione dei contenuti
- un marketplace in versione embrionale ma già efficiente
Abbiamo lanciato DAO Square a fine 2014 , DAO Square offriva prodotti differenti per brand e per editori.
Per tutto il 2015 abbiamo seguito due ambiti: quello degli editori e quello dei brand.
In quello dei brand abbiamo avuto modo di testare il nostro prodotto, migliorarlo e vederne le reali criticità. Una di queste criticità è stata quella che il prodotto per i brand (per come era pensato e strutturato) andava a posizionarsi in un mercato già molto affollato, quello delle web agency e dei piccoli web developer e ci portava a dover lavorare quasi come una società di consulenza.
La quarta versione 2016
Nel 2016 abbiamo completato ulteriori sviluppi sul marketplace, attualmente il marketplace eroga circa 8 contenuti al giorno a pagamento e 50 contenuti al giorno free, per un totale medio mensile di 1500 contenuti che transitano nell’ecosistema. I numeri sono in netta crescita. E’ sempre più forte la richiesta di pacchetti di soli contenuti, sono prevalentemente editori che vogliono ampliare le tematiche trattate nei propri progetti editoriali e brand che hanno bisogno di rendere più dinamico il proprio sito.
Dall’analisi dei dati però abbiamo realizzato che i contenuti per i brand pubblicati su nostra piattaforma editoriale hanno buonissime performance (ad esempio: i nostri contenuti performano 5 volte una campagna AdWords a parità di budget investito). Queste performance sono dovute ad un mix tra:
- qualità del contenuto
- quantità del contenuto
- efficienza della piattaforma editoriale
- inserimento nell’ecosistema DAO News
Questi dati, insieme alla visione più “pubblicitaria” del nostro progetto ci ha spinto ad affrontare un ulteriore pivot. Questa volta in maniera radicale.
Abbiamo pensato di:
- affrontare un rebranding del progetto: il nome DAO News ha un accezione eccessivamente giornalistica e
che mal si sposa con il mercato del content marketing per i brand. - cambiare i prodotti offerti: i prodotti devono essere piattaforme editoriali digitali e strategie di contenuti per
offrire performance ai brand; - mantenere l’anima giornalistica-ediriale-informazione del progetto, il lavoro di ricerca e sviluppo fatto in questi anni porterà i suoi frutti. Il lavoro sulla qualità dell’informazione andrà anche a beneficio delle campagne di content marketing per i brand
E’ grazie a questo lungo percorso che ora nasce DAO Content e che si presenta con il pay-off: “Content that performs“.
Più avanti ci sarà modo di parlare di questa nuova vita di DAO News e di tutti gli sviluppi di DAO Content in maniera molto approfondita. Stay tuned!
L’importanza del team in una startup

“In una startup il team è tutto“, “Il successo di una startup è dovuto al team”, “I fondi investono solo su startup con un team forte“, “I founder di una startup devono fare molta attenzione alla costituzione del team”.
Quante volte abbiamo letto o sentito queste frasi? Personalmente tantissime, fin dall’inizio della mia avventura con DaoNews.
Vi confesso che inizialmente avevo sottovalutato l’importanza del team. Avevo pensato e ragionato parecchio sulla composizione del primo team ma le valutazioni erano spesso ingenue e condizionate dallo storytelling di quel periodo che raccontava il mondo fatato ed edulcorato della Silicon Valley.
Non sto dicendo che il team di DaoNews non fosse adatto o vincente, anzi. Il fatto che però lo fosse era dovuto forse più alla fortuna che non alla consapevolezza dell’importanza di un team ben strutturato in una startup.
Dal mio punto di vista (il mio punto di vista di 6 anni fa) il team che stavo andando a comporre era completo. Completo di tutte le professionalità che potevano essere fondamentali per la riuscita del progetto: una esperta in contenuti e piattaforma, uno sviluppatore, una designer, un sistemista, un esperto SEO, un esperto in digital marketing, un “investitore” appassionato di giornalismo e comunicazione, un traduttore in inglese con vocazione per l’aspetto commerciale, una madrelingua francese e me come CTO.
Si è vero, ero ingenuo e forse il team era sì forte ma non completo. Me ne accorsi non troppo tempo dopo, in particolare la prima volta quando due persone del team, per motivi loro, non hanno più potuto seguire il progetto e la seconda quando lo sviluppo dell’attività della startup ci portava a doverci avvalere di professionalità e competenze che non erano comprese nel team iniziale.
La prima riflessione è che inserire nuove persone in un team di una startup è un compito difficilissimo quindi il ragionamento “tutti sono importanti e nessuno è indispensabile” in questo caso vale meno. In una startup gli elementi del team, soprattutto del team originario, sono molto più importanti al limite dell’indispensabile.
La seconda riflessione riguarda il fatto che il team deve essere VERAMENTE completo. Io suddividerei il team in 3 aree:
- tecnica e di prodotto
- finanziaria, legale e amministrativa
- commerciale e marketing
Le tre anime devono essere equilibrate e devono essere presenti e competenti allo stesso modo.
Questo ovviamente semplifica tantissimo la vita ai founder durante tutte le attività di avvio del progetto e allo stesso tempo permette di avere uno “zoccolo duro” affidabile, forte, consapevole ed estremamente coinvolto quando la crescita della startup sarà importante (o anche durante i tempi difficili).
Lista delle riflessioni
Di solito in questo genere di articoli questo è il momento della “lista dei consigli” ma in questo articolo ci sarà solo una “lista delle riflessioni”:
- è importante valutare la “cultura imprenditoriale” dei componenti del team, ogni componente deve avere una propensione al rischio ragionato orientato al business e avere la medesima motivazione nel perseguire l’obiettivo nonostante le difficoltà ovvie, frequenti, destabilizzanti
- è più importante la motivazione o la competenza? Ovviamente entrambe ma dovendo scegliere io sceglierei la motivazione (partendo dal presupposto che un po’ di competenza ci sia). Se un componente del team è fortemente motivato può colmare in breve tempo il gap di competenze utili allo sviluppo delle attività e del progetto
- importantissime sono le esperienze precedenti. Cercare di conoscere a fondo il background dei componenti permette di capire se hanno vissuto situazioni simili o che possono verificarsi anche nel progetto. Questo permetterebbe loro di ripercorrere le stesse soluzioni vincenti o di evitare errori già fatti. Ne beneficerebbe tutto il team e il progetto.
- se nel team c’è il fuoriclasse è importantissimo tenerselo stretto. Lavorare perché si creino le condizioni giuste perché il team non si scomponga o perda pezzi. Soprattutto i componenti migliori. In questo caso “prevenire è meglio che curare” quindi è fondamentale anticipare ogni possibile crepa o criticità e fare in modo che tutto il team valuti quanto può portare di positivo la presenza di un componente del team rispetto a quanto può essere complicato cambiarlo.
- è meglio far giocare ogni componente nel proprio ruolo. Se un componente ricopre nel piccolo della startup il ruolo che vorrebbe ricoprire in una grande azienda sarà spinto dalla sua ambizione. Ambizione che lo porterà a performare meglio e ad essere più motivato. Il commerciale come direttore commerciale, il project manager come direttore generale, l’economista come CFO, il designer come direttore creativo, lo sviluppatore come CTO e così via…
Per concludere un’ultima riflessione: la “costruzione” del team è un lavoro in divenire, non si smette mai di dover comporre e ricomporre il gruppo. Le esigenze della startup cambiano velocemente, il modello di business pure, la situazione finanziaria anche. Ogni periodo storico della startup porta ad un assetto diverso, ad equilibri di competenze e di professionalità diversi.
Ma avere un team forte e compatto fin dall’inizio rende vere tutte quelle frasi che continueremo a sentirci dire… team e startup di successo…team e finanziatori…team e fondi di investimento….team e scale up… e via e via…
Lean Startup Café in DaoCampus

Bastasse un’idea per fare StartUp…
L’intuizione, quand’anche fosse vero colpo di genio, è condizione necessaria ma di certo non sufficiente a determinare il successo di un’azienda! Bisogna capire i problemi reali dei propri potenziali clienti per offrire loro soluzioni concrete ed effettive, senza sprecare tempo e denaro nella realizzazione di qualcosa di cui magari nessuno sente il bisogno.
È un film già visto:
“A qualcuno viene un’idea e la propone ad un ristretto gruppo entusiasta che non vede l’ora di partecipare e mettersi al lavoro. Così inizia la fase di sviluppo: si passano mesi (talvolta anni) a perfezionare il prototipo senza che questo venga mai visto al di fuori del gruppo. Finalmente il prodotto viene alla luce ma quando incontra il mercato non riscuote il successo sperato: le persone non lo capiscono, l’accoglienza è freddina, la concorrenza ha un’offerta migliore e pian piano l’idea muore nell’indifferenza generale”.
Come è possibile cambiare l’epilogo del film
Hello world, MarcoMelis’blog!

E’ da tanto tempo che ho in mente di mettere in piedi un blog personale e iniziare a scrivere in maniera regolare quello che faccio e le riflessioni che ne scaturiscono.
Non è mai semplice iniziare. E’ difficile passare dal “lo vorrei fare” al “mi siedo e lo faccio”. A me piacciono molto le persone “che fanno” e molto meno quelle “che dicono”. Mi guardo intorno e vedo tantissime persone che parlano parlano parlano ma che poi nella sostanza fanno poco. Ecco, io non vorrei essere una di quelle persone. E quindi, spinto da questo pensiero, ho finalmente fatto il salto verso il “mi siedo e lo faccio”.
Quello che vedete è il primo risultato, ancora molto scarno lo so, ma finalmente “sono online“. Ciao mondo!
Quali temi tratterò?
Il blog avrà come tema l’innovazione, l’imprenditorialità e il fare startup. Vorrei poter riportare sul blog quello che faccio e che vedo nella mia vita professionale e accompagnarlo da riflessioni, analisi, informazioni ed eventualmente consigli.
Parlerò sicuramente delle startup di cui sono founder, cercherò di raccontare la vita degli startupper e dei collaboratori, il lavoro e le sensazioni che si provano, i successi e gli insuccessi, i problemi e le soluzioni.
Parlerò delle startup sulle quali investo, il ruolo di investitore e consulente è molto diverso da quello di founder, le dinamiche sono diverse, le situazioni anche. Credo sia interessante capire come poter supportare la crescita di una startup di cui non si è founder.
Parlerò tanto di digital marketing, di branding, di prodotto ovviamente con una particolare attenzione al mondo dell’innovazione e, tanto per cambiare, delle startup.
Parlerò di editoria digitale, una mia passione, e cercherò di raccontare cosa vuol dire fare innovazione in Italia nel mondo in continua evoluzione dell’editoria.
Come tutte le persone che aprono un blog, anche io parto con buonissimi propositi: voglio scrivere regolarmente, quotidianamente, più volte al giorno, prima e dopo i pasti etc. Ovviamente non credo di mantenerli tutti. Ma sicuramente scriverò ogni volta che potrò, imponendomi anche un po’ di disciplina. Perché questo blog è un progetto a cui tengo particolarmente.
Insomma, parlerò tanto ma spero sia una chiacchierata interessante. Questo però me lo dovrete dire voi.
Beh, che le danze abbiano inizio! Stay tuned!
Milano “Capitale delle Startup” per il Financial Times
Milano è la “Capitale delle Startup”. A dirlo è uno dei più autorevoli organi d’informazione del panorama internazionale, il Financial Times. In un recente articolo sulla città meneghina, il quotidiano del Regno Unito ne sottolinea il prestigio universitario, la disponibilità di capitali, l’eccellenza dell’industria alimentare e dell’alta moda, l’impeto cosmopolita derivante da Expo 2015, oltre a una […]
L’articolo Milano “Capitale delle Startup” per il Financial Times proviene da DAO News.
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Innovazione, all’IW16 quattro giorni tutti per lei
Innovazione. E’ la parola ‘magica’ dei nostri tempi. Tutti ne parlano. Alcuni ne abusano, svilendola. Altri, per fortuna, se ne occupano con cognizione e competenza, alimentandola e sostenendola. E’ certamente questo il caso dei protagonisti dell’Edison Innovation Week 2016, in programma da domani, 7 giugno, fino al 10, presso Palazzo Edison a Milano. Al centro della scena […]
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Partecipazione ‘appassionata’ all’Aperitivo Innovativo in DaoCampus

Secondo aperitivo tematico in DaoCampus, altro successo di pubblico. Stavolta era l’Aperitivo Innovativo, tema centrale, neanche a dirlo, l’innovazione in tutte le sue sfaccettature. E i partecipanti, oltre che parecchio preparati, sono apparsi da subito molto coinvolti e curiosi. Segno di una materia sentita davvero come essenziale per il futuro del nostro sistema economico. Le diverse visioni, dettate certamente dalle differenti storie professionali e personali, hanno contribuito ad arricchire la ‘narrazione’. Tutti i presenti, comunque, si sono trovati d’accordo nel ritenere che per il cambio di passo sia necessario un primo grande step innovativo, imprescindibile e decisivo, quello riguardante il cambiamento profondo della cultura imprenditoriale, manageriale e politica del Paese. Hai detto nulla! Verrebbe da dire…
L’ottimo Raffaello Torraco, moderatore e animatore della serata, non ha dovuto fare grandi sforzi per alimentare il dibattito. Separati gli astanti in due gruppi e fornite le prime indicazioni, ha lasciato che la serata e le parole facessero il loro corso, intervenendo solo di tanto in tanto