Un tramonto a metà

Negli ultimi mesi sono successe tante cose e sono cambiate tante situazioni lavorative attorno a me.

Da anni ormai (quasi 8 anni) mi dedico ad una azienda che ho contribuito a fondare dal nulla, un’azienda che è passata per lo status di “startup innovativa” e che ha lavorato in ambito digitale per sviluppare una piattaforma che potesse risolvere anche una piccola parte dei problemi che affliggono l’editoria digitale e l’informazione.

Anni e anni di ricerca e sviluppo, dove le parole più utilizzate in ufficio e i temi quotidiani erano:

  • qualità dell’informazione e metodo per una informazione di qualità
  • giusta remunerazione dei content producer
  • fake news (già qualche anno prima che le chiamassero così)
  • modelli di business sostenibili per gli editori
  • piattaforme editoriali avanzate
  • contenuti per la promozione del brand di un’azienda (quando la parola content marketing in Italia si sentiva pronunciare giusto da un ristrettissimo gruppo di esperti)
  • blockchain e diritti d’autore
  • algoritmi di analisi dei contenuti

Anni di lavoro in qualche modo sostenuti da pochissimi finanziamenti (ci sarebbe da aprire una sezione a parte per raccontare l’esperienza diretta fatta per cercare finanziamenti e supporti per un progetto simile in Italia) e da tanto impegno e tantissima disponibilità da parte dei ragazzi del team che hanno sopportato le sorti altalenanti di una startup e hanno lavorato anche in condizioni difficili pur di fatturare (anche lavori non esattamente in target con l’obiettivo) e sostenere l’azienda.

Quasi due anni fa avevamo capito che il nostro target non erano gli editori ma le aziende e i brand: le aziende hanno molto budget per il marketing e non hanno la possibilità di prodursi i contenuti in casa nonostante abbiano una grande necessità di produrre contenuti per essere presenti nel “mondo digitale”. Esattamente l’opposto degli editori: poco budget, produzione interna e visibilità già in parte acquisita.

Gli editori a questo punto da clienti sono diventati fornitori. E le aziende i nostri clienti. In mezzo una piattaforma che gestiva le dinamiche di questo “scambio di contenuti e visibilità” ottimizzando le performance. Obiettivo della startup quasi raggiunto:

  • le aziende possono promuoversi in maniera facile con i contenuti ottenendo grandi performance
  • gli editori hanno una possibile nuova linea di business sfruttando la visibilità e la capacità produttiva già in possesso
  • i content producer possono lavorare di più e con una remunerazione migliore rispetto alle piattaforme e alle soluzioni esistenti

Obiettivo QUASI raggiunto appunto, raggiunto in teoria e in parte in pratica. Ma non completamente.

L’azienda aveva bisogno di rifinanziamento e sviluppo commerciale. Nel tempo si sono avvicinati tanti interlocutori, alcuni molto concreti e altri molto vaghi. ma per un motivo o per un altro non si è riusciti a concludere nei tempi giusti l’operazione di rifinanziamento. E le cose hanno iniziato a precipitare.

L’unica soluzione era quella di chiudere l’azienda.

Tra parentesi: anche riguardo alla chiusura/liquidazione/fallimento/trasformazione di un’azienda in Italia potremmo scrivere chilometri di commenti, riflessioni, esperienze, leggi, pareri, etc. Si potrebbe scrivere tutto e il contrario di tutto e andrebbe bene lo stesso. Ma penso che di queste cose ne parlerò prossimamente in questo blog.

Alcuni insegnamenti:

  • alcune decisioni vanno prese subito anche se drastiche
  • l’esecuzione è fondamentale, banale ma è così
  • l’attività per cercare finanziamenti per una startup in Italia è essa stessa una startup
  • il fallimento è un modo per capire cosa NON si deve/può fare… e per imparare

La prossima fase sarà quella di recuperare tutto il buono che si è fatto in questi anni, riunire un po’ le forze e grazie a questa base ripartire con una nuova impresa, che si occupi in maniera specifica di content marketing e di contenuti digitali. In qualche modo siamo “arrivati troppo presto”, infatti solo ora si sta aprendo il mercato italiano del content marketing, ma dall’altra parte l’essere arrivati in anticipo ci permette di essere in questa fase pronti al mercato e molto competenti in materia.

L’azienda, dopo 8 anni di lavoro e dopo ancora un lungo periodo di burocrazia che l’aspetta, chiuderà e questo progetto tramonterà.

Ma sarà solo un tramonto a metà.

 

Primi passi

Qualche giorno fa finalmente sono arrivati.

Dopo tanto tempo che li cercavamo finalmente li abbiamo trovati. E siamo anche decisamente molto felici.

Come ho già detto qualche post fa, DAO News è in una fase di “cambio rotta”, sta modificando radicalmente il proprio assetto e, in primo luogo, sta definendo i nuovi prodotti e il nuovo brand.

E dopo averli cercati per tanto tempo, eccoli qua “questi prodotti”. Il primo esperimento ha un obiettivo sfidante: portare performance e lead ad un progetto nato solo il 5 dicembre 2016. Un progetto lanciato da ViaMichelin (Michelin Days) che rende ancora più interessante la sfida.

Come DAO News ci preme in modo particolare dimostrare che performance e informazione di qualità possono sicuramente convivere e che anzi, l’informazione di qualità facilita il raggiungimento di determinati risultati offrendo in più un servizio informativo di valore.

Inoltre le aziende importanti hanno due necessità forti quando si confrontano con il digitale: mantenere alto il posizionamento del proprio brand e allo stesso tempo ottenere risultati di visibilità e generare lead. Con DAO Content riteniamo di aver raggiunto questo equilibrio.

Stiamo lavorando in questa direzione da circa due anni e i vari test effettuati ci mostrano dati molto confortanti. Ma erano “solo test”… E’ come se fino ad ora ci fossimo semplicemente allenati, abbiamo fatto anni di allenamento.

Ora stiamo giocando la partita di campionato e si sente nell’aria questa sana voglia di vincere. Si respira anche un po’ di emozione mista a curiosità. I ragazzi non smettono di guardare gli analytics e di ottimizzare contenuti e piattaforma.

I progetti per questo primo lavoro sono 3:

  • the tasty ways: un webzine digitale che parla di ristoranti stellati e di eccellenze gastronomiche
  • morsi di futuro: un blog che tratta l’innovazione in ambito enogastronomico
  • food & wine stories: un blog che pubblica esperienze e racconti di cibo e vino

Come tutti i bambini che stanno imparando a camminare, i nuovi prodotti hanno bisogno di trovare l’equilibrio, di essere stabili e trovare il passo giusto. Ma le gambe sono già forti e vedo che riescono già a raggiungere l’obiettivo, ad attraversare la stanza, a raggiungere l’utente e a portarlo nel posto desiderato.

Una startup innovativa deve agire proprio così:

  1. definire un prodotto con le specifiche minime
  2. testarlo subito magari con clienti o utenti in un progetto sfidante.

In questo modo si ha subito un progetto in portfolio e si hanno tutte le indicazioni per come migliorare il prodotto ed, eventualmente, implementarlo con altre funzionalità o caratteristiche.

Intanto i ragazzi di DAO News continuano a tenere la mano a questa nuova creatura che sta facendo i suoi primi passi. Tutti i giorni con entusiasmo.

Presto vi racconterò come sarà andata la prima camminata.

Content marketing in ambito medico

Mercoledì scorso ho partecipato con un intervento ad un convegno a Roma al quale sono stato invitato.

Il convegno dal titolo “Prevenire è salute 2016 Prevenzione – Ricerca – Innovazione dalla parte dei bambini “ è stato organizzato da Prevenzione e Salute e in questa occasione ho avuto l’opportunità di parlare di innovazione e comunicazione digitale in ambito medico sanitario.

Per questo nei giorni scorsi ho cercato di approfondire e capire quanto il content marketing sia utilizzato in ambito medico sanitario. Ovviamente i dati sono eloquenti. Sappiamo che le persone cercano su internet informazioni sulla propria salute o su quella dei familiari più di quanto cerchino notizie di attualità, sappiamo inoltre che più del 60% delle persone dichiara che ritiene affidabili le informazioni a riguardo ottenute da internet.

Questi due dati potrebbero da soli indicare la strada a medici, ospedali, enti pubblici ed aziende. Strada che però in Italia non viene seguita dagli stessi. La percentuale di utilizzo del content marketing in Italia da parte di soggetti coinvolti nell’ambito medico sanitario è bassissimo a differenza degli Stati Uniti che presentano una percentuale di soggetti che già lo utilizzano del 75% e del 19% di soggetti che stanno pianificando di utilizzarlo nei prossimi mesi.

Il content marketing e l’editoria digitale di qualità in ambito medico sono fondamentali per la diffusione dei giusti messaggi verso i pazienti. Ed è importante che le due attività possano lavorare insieme in modo da ottenere i risultati migliori.

In questo ambito è ancora più importante che le operazioni di content marketing abbiano caratteristiche tipiche del giornalismo di qualità e che seguano metodi rigorosi per la verifica della veridicità delle informazioni veicolate. Queste caratteristiche inserite in uno storytelling tipico del content marketing avvicinano maggiormente l’utente al mondo della medicina creando un rapporto di fiducia con l’ente, l’ospedale, il medico o l’azienda che ha promosso la campagna.

Inoltre anche l’editoria digitale in ambito medico può sfruttare caratteristiche tipiche del marketing digitale per migliorare i risultati del proprio lavoro, elementi quali performance, web analytics, big data analysis, analisi semantica, tecnologie e piattaforme. E’ con questa attenzione che con DAO Content sviluppiamo progetti editoriali quali Prevenzione e Salute.

In conclusione, in Italia le informazioni riguardo al content marketing in ambito medico sanitario sono scarsissime poiché sono poche le persone o le aziende che se ne occupano. Però l’esigenza da parte dei soggetti coinvolti inizia a farsi sentire sempre più forte, questo porterà sicuramente ad un’accelerazione dell’utilizzo nei prossimi mesi creando così numerose opportunità di business per tutti coloro (blogger, giornalisti, copy writer, aziende, web agency) che operano in ambito digitale.

 

Dall’editoria digitale al content marketing

E’ un periodo storico interessante per quanto riguarda il marketing digitale e l’editoria digitale. Oggi più che mai le due strade sono vicinissime, talmente vicine che si incrociano e si sovrappongono.

Il digitale, soprattutto in ambito mobile, ha portato ad una rivoluzione nel mondo del marketing, la “pubblicità” per come era intesa fino ad ora e pensata per la televisione non ha più lo stesso impatto sull’utente. Si è passati da un marketing della persuasione in un marketing delle intenzioni.

I brand cercano di captare le esigenze degli utenti che navigano nel mare del mondo digitale (composto da siti, motori di ricerca, forum, social network, etc.), per poi “associarle” ad uno dei prodotti o servizi in catalogo. Lo fanno cercando di proporre all’utente un’informazione, un contenuto, un valore in cambio del suo interesse e della sua fiducia. L’utente interessato a quella informazione sarà probabilmente un utente che ha una determinata esigenza, esigenza che può essere risolta dal prodotto giusto.

D’altra parte la definizione di content marketing (quella che io preferisco) è chiara:

Content marketing:

è qualunque forma di marketing che implica la creazione, la condivisione e la pubblicazione di contenuti allo scopo di acquisire clienti. Questo genere di informazioni possono essere presentate attraverso una varietà di formati, incluse notizie, video, white papers, e-books, infografiche, case history, guide, domande, articoli di risposta, foto ecc. Il content marketing non è focalizzato sulla vendita (almeno non esplicitamente), ma sul comunicare e informare consumatori e potenziali clienti. L’idea è di generare business e ispirare fedeltà da parte degli acquirenti attraverso un “consistente e continuo flusso di informazioni di valore”.

I brand hanno quindi necessità di essere presenti e visibili nel mondo digitale e devono iniziare a ragionare come un canale “all news”: fornire contenuti di informazione di qualità in maniera costante e organica. Ed è qui che l’editoria e il giornalismo entrano in gioco. I brand diventano “media owner” ma non sono strutturati per esserlo. I giornalisti e le redazioni possono dare un supporto a patto che non venga meno la qualità dell’informazione, intesa nel senso più giornalistico e civico del termine.

Se i reparti marketing dei brand iniziano a pensare in questa maniera otterrebbero molteplici vantaggi. Grazie allo studio fatto col progetto DAO News e allo sviluppo del nuovo DAO Content, sappiamo che l’informazione di qualità nelle campagne di content marketing migliora la percezione che l’utente ha del brand e allo stesso tempo migliora i risultati ottenuti dal brand grazie alla propria campagna.

Senza tralasciare il fatto che i brand che si trasformano in media assumono un ruolo importante nella società che necessità però uno spirito civico nella pianificazione delle campagne di content marketing.

Per questo è importante lavorare per migliorare la qualità dell’informazione nelle campagne di content marketing e solo un giornalismo di qualità e con metodo può aiutare a raggiungere questo obiettivo.

Trovare un equilibrio tra brand ed editoria potrebbe essere un “win-win deal” grazie al quale ci sarebbe una piccola vittoria per tutti. E’ importante continuare a lavorare per arrivare a questo.

Quando “cambiare rotta” fa bene ad una startup

Le startup innovative per definizione navigano in mare di incertezze e di vulnerabilità. Avviare il progetto di una startup presuppone che i founder conoscano alla perfezione l’esigenza o il problema che la loro idea vuole risolvere. Spesso però la stessa consapevolezza e conoscenza non è presente se andiamo a vedere il prodotto o il servizio che la startup deve sviluppare e offrire per risolvere questo problema o rispondere a questa esigenza.

In realtà, per esperienza personale e per le varie startup che ho incontrato in questi anni, i founder sono sicuri che il prodotto o il servizio che hanno pensato è quello giusto, quello che risolverà il problema o risponderà a quella esigenza e che trasformerà la loro startup in una azienda multinazionale.

Ero anche io così, con DaoNews, fino a pochissimo tempo fa. Ero convinto del prodotto e dei servizi che DaoNews andava ad offrire.

Ero convinto del prodotto o del servizio, ma sapevo che c’era qualcosa che non andava, pensandoci ora c’è sempre stato qualcosa poco definito. Se fosse stato il prodotto giusto penso che DaoNews in questo momento avrebbe già avuto una grande accelerazione e crescita. Ma ciò non è avvenuto e questo significa che il prodotto non era quello giusto, o forse non eravamo focalizzati sull’esigenza giusta.

In questi casi, quando il prodotto non è quello che fa spiccare il volo, è necessario che i founder decidano velocemente e con determinazione di cambiare rotta. Nella storia di una startup questo momento si chiama “pivot” e deriva dal linguaggio del basket. Il pivot è un concetto fondamentale dell’approccio Lean Startup elaborato nel 2008 dall’imprenditore Eric Ries. La metodologia Lean Startup prevede lo sviluppo di un “prodotto minimo utilizzabile” che permette alla startup di validare subito il prodotto o il modello di business e verificarne l’esattezza. In caso contrario la startup può velocemente cambiare rotta (pivot) in modo da aggiustare il tiro senza però aver utilizzato tempo e risorse in eccesso.

In DaoNews questi momenti li abbiamo affrontati più volte.

Un po’ di storia di DAO News

La prima versione 2011

L’ecosistema di DAO News era composto da:

  • una piattaforma di blogging per giornalisti e blogger
  • una piattaforma editoriale per gli editori
  • un aggregatore delle notizie prodotte e pubblicate in tutta la piattaforma per i lettori
  • un adserver per gli inserzionisti

La crescita di questo ecosistema risultava molto difficile poiché:

  • gli editori non investivano nella piattaforma tecnologica soprattutto a causa delle difficoltà economiche
  • gli inserzionisti non investivano in un ecosistema nel quale non si era raggiunta la massa critica che invogliasse loro ad investire
  • i blogger e i giornalisti non si iscrivevano poiché avevano pochi sbocchi e poca remunerazione

Il nostro business era basato prevalentemente sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori con un modello molto vicino a quello di una web agency.

La seconda versione 2012-2013

Avevamo capito che uno dei problemi più grossi dell’editoria stava nel modello di business. La pubblicità sul digitale non pagava come quella sul cartaceo. Uno dei motivi era quello che il modello era basato sulle visualizzazioni, più un articolo viene visualizzato e più è remunerativo grazie alla pubblicità.
Questo ovviamente ha portato ad un abbassamento incredibile della qualità degli articoli e delle visite che ha portato ad un abbassamento del valore di ogni visualizzazione che ha portato ad una diffidenza degli inserzionisti e così via. Questo era (ed è tutt’ora) un circolo vizioso che complica il business sul digitale di editori e giornalisti.
L’idea perciò è stata quella di legare la remunerazione della pubblicità alla qualità dell’articolo. Per fare questo andava sviluppato un algoritmo che riuscisse a dare un rating all’articolo. In questi anni abbiamo sviluppato il DAO Rank: un algoritmo che analizza semanticamente, geolocalizza, assegna un punteggio, ad ogni contenuto che passa all’interno dell’ecosistema.

Il nostro business continuava ad essere focalizzato sulla fornitura della piattaforma editoriale agli editori ma con un modello aziendale più vicino ad una “piattaforma”.

La terza versione 2014-2015

Nel 2014 abbiamo inserito un nuovo elemento nell’ecosistema: i brand. I brand intesi come qualsiasi azienda. Durante il lavoro di ricerca e sviluppo abbiamo verificato quanto stesse diventando importante per i brand promuoversi nel mondo digitale grazie ai contenuti di informazione. C’erano i primi segnali di diffusione del content marketing. I siti statici non performavano più come una volta poiché Google preferiva i contenuti freschi e frequenti e i social network, per loro natura, veicolavano maggiormente contenuti di informazione.

Abbiamo deciso allora di iniziare ad “affrontare” i brand proponendo loro il sito+blog+contenuti. Avevamo tutto:

  • piattaforma editoriale
  • automatismo per la creazione di siti
  • network di blogger e giornalisti per la produzione dei contenuti
  • un marketplace in versione embrionale ma già efficiente

Abbiamo lanciato DAO Square a fine 2014 , DAO Square offriva prodotti differenti per brand e per editori.
Per tutto il 2015 abbiamo seguito due ambiti: quello degli editori e quello dei brand.
In quello dei brand abbiamo avuto modo di testare il nostro prodotto, migliorarlo e vederne le reali criticità. Una di queste criticità è stata quella che il prodotto per i brand (per come era pensato e strutturato) andava a posizionarsi in un mercato già molto affollato, quello delle web agency e dei piccoli web developer e ci portava a dover lavorare quasi come una società di consulenza.

La quarta versione 2016

Nel 2016 abbiamo completato ulteriori sviluppi sul marketplace, attualmente il marketplace eroga circa 8 contenuti al giorno a pagamento e 50 contenuti al giorno free, per un totale medio mensile di 1500 contenuti che transitano nell’ecosistema. I numeri sono in netta crescita. E’ sempre più forte la richiesta di pacchetti di soli contenuti, sono prevalentemente editori che vogliono ampliare le tematiche trattate nei propri progetti editoriali e brand che hanno bisogno di rendere più dinamico il proprio sito.
Dall’analisi dei dati però abbiamo realizzato che i contenuti per i brand pubblicati su nostra piattaforma editoriale hanno buonissime performance (ad esempio: i nostri contenuti performano 5 volte una campagna AdWords a parità di budget investito). Queste performance sono dovute ad un mix tra:

  • qualità del contenuto
  • quantità del contenuto
  • efficienza della piattaforma editoriale
  • inserimento nell’ecosistema DAO News

Questi dati, insieme alla visione più “pubblicitaria” del nostro progetto ci ha spinto ad affrontare un ulteriore pivot. Questa volta in maniera radicale.
Abbiamo pensato di:

  • affrontare un rebranding del progetto: il nome DAO News ha un accezione eccessivamente giornalistica e
    che mal si sposa con il mercato del content marketing per i brand.
  • cambiare i prodotti offerti: i prodotti devono essere piattaforme editoriali digitali e strategie di contenuti per
    offrire performance ai brand;
  • mantenere l’anima giornalistica-ediriale-informazione del progetto, il lavoro di ricerca e sviluppo fatto in questi anni porterà i suoi frutti. Il lavoro sulla qualità dell’informazione andrà anche a beneficio delle campagne di content marketing per i brand

E’ grazie a questo lungo percorso che ora nasce DAO Content e che si presenta con il pay-off: “Content that performs“.

Più avanti ci sarà modo di parlare di questa nuova vita di DAO News e di tutti gli sviluppi di DAO Content in maniera molto approfondita. Stay tuned!

L’importanza del team in una startup

In una startup il team è tutto“, “Il successo di una startup è dovuto al team”, “I fondi investono solo su startup con un team forte“, “I founder di una startup devono fare molta attenzione alla costituzione del team”.

Quante volte abbiamo letto o sentito queste frasi? Personalmente tantissime, fin dall’inizio della mia avventura con DaoNews.

Vi confesso che inizialmente avevo sottovalutato l’importanza del team. Avevo pensato e ragionato parecchio sulla composizione del primo team ma le valutazioni erano spesso ingenue e condizionate dallo storytelling di quel periodo che raccontava il mondo fatato ed edulcorato della Silicon Valley.

Non sto dicendo che il team di DaoNews non fosse adatto o vincente, anzi. Il fatto che però lo fosse era dovuto forse più alla fortuna che non alla consapevolezza dell’importanza di un team ben strutturato in una startup.

Dal mio punto di vista (il mio punto di vista di 6 anni fa) il team che stavo andando a comporre era completo. Completo di tutte le professionalità che potevano essere fondamentali per la riuscita del progetto: una esperta in contenuti e piattaforma, uno sviluppatore, una designer, un sistemista, un esperto SEO, un esperto in digital marketing, un “investitore” appassionato di giornalismo e comunicazione, un traduttore in inglese con vocazione per l’aspetto commerciale, una madrelingua francese e me come CTO.

Si è vero, ero ingenuo e forse il team era sì forte ma non completo. Me ne accorsi non troppo tempo dopo, in particolare la prima volta quando due persone del team, per motivi loro, non hanno più potuto seguire il progetto e la seconda quando lo sviluppo dell’attività della startup ci portava a doverci avvalere di professionalità e competenze che non erano comprese nel team iniziale.

La prima riflessione è che inserire nuove persone in un team di una startup è un compito difficilissimo quindi il ragionamento “tutti sono importanti e nessuno è indispensabile” in questo caso vale meno. In una startup gli elementi del team, soprattutto del team originario, sono molto più importanti al limite dell’indispensabile.

La seconda riflessione riguarda il fatto che il team deve essere VERAMENTE completo. Io suddividerei il team in 3 aree:

  • tecnica e di prodotto
  • finanziaria, legale e amministrativa
  • commerciale e marketing

Le tre anime devono essere equilibrate e devono essere presenti e competenti allo stesso modo.

Questo ovviamente semplifica tantissimo la vita ai founder durante tutte le attività di avvio del progetto e allo stesso tempo permette di avere uno “zoccolo duro” affidabile, forte, consapevole ed estremamente coinvolto quando la crescita della startup sarà importante (o anche durante i tempi difficili).

Lista delle riflessioni

Di solito in questo genere di articoli questo è il momento della “lista dei consigli” ma in questo articolo ci sarà solo una “lista delle riflessioni”:

  1. è importante valutare la “cultura imprenditoriale” dei componenti del team, ogni componente deve avere una propensione al rischio ragionato orientato al business e avere la medesima motivazione nel perseguire l’obiettivo nonostante le difficoltà ovvie, frequenti, destabilizzanti
  2. è più importante la motivazione o la competenza? Ovviamente entrambe ma dovendo scegliere io sceglierei la motivazione (partendo dal presupposto che un po’ di competenza ci sia). Se un componente del team è fortemente motivato può colmare in breve tempo il gap di competenze utili allo sviluppo delle attività e del progetto
  3. importantissime sono le esperienze precedenti. Cercare di conoscere a fondo il background dei componenti permette di capire se hanno vissuto situazioni simili o che possono verificarsi anche nel progetto. Questo permetterebbe loro di ripercorrere le stesse soluzioni vincenti o di evitare errori già fatti. Ne beneficerebbe tutto il team e il progetto.
  4. se nel team c’è il fuoriclasse è importantissimo tenerselo stretto. Lavorare perché si creino le condizioni giuste perché il team non si scomponga o perda pezzi. Soprattutto i componenti migliori. In questo caso “prevenire è meglio che curare” quindi è fondamentale anticipare ogni possibile crepa o criticità e fare in modo che tutto il team valuti quanto può portare di positivo la presenza di un componente del team rispetto a quanto può essere complicato cambiarlo.
  5. è meglio far giocare ogni componente nel proprio ruolo. Se un componente ricopre nel piccolo della startup il ruolo che vorrebbe ricoprire in una grande azienda sarà spinto dalla sua ambizione. Ambizione che lo porterà a performare meglio e ad essere più motivato. Il commerciale come direttore commerciale, il project manager come direttore generale, l’economista come CFO, il designer come direttore creativo, lo sviluppatore come CTO e così via…

Per concludere un’ultima riflessione: la “costruzione” del team è un lavoro in divenire, non si smette mai di dover comporre e ricomporre il gruppo. Le esigenze della startup cambiano velocemente, il modello di business pure, la situazione finanziaria anche. Ogni periodo storico della startup porta ad un assetto diverso, ad equilibri di competenze e di professionalità diversi.

Ma avere un team forte e compatto fin dall’inizio rende vere tutte quelle frasi che continueremo a sentirci dire… team e startup di successo…team e finanziatori…team e fondi di investimento….team e scale up… e via e via…

Fare startup nel mondo dell’editoria digitale: vi presento DaoNews

Iniziamo con le presentazioni: eccovi DaoNews, startup innovativa che opera nel mondo dell’editoria digitale.

DaoNews è la prima startup che vi presento in questo blog, è la startup che occupa la maggior parte dei miei pensieri, quella sulla quale ho investito di più in fatto di tempo, denaro e nottate insonni.

Presentare questa startup mi permette anche di introdurre alcuni temi che riguardano l’editoria digitale, temi che diventeranno ricorrenti in questo blog.

Primo logo DaoNewsL’idea di DaoNews nasce nel 2010 da un pensiero molto limpido e chiaro riguardo al mondo dell’informazione e alla trasformazione radicale che ci sarebbe stata con l’arrivo del digitale e di Internet. Il pensiero aveva come asse portante il concetto di qualità e, in particolare, la qualità dell’informazione e del contenuto.

In realtà il progetto è nato dal nulla, in un bar in riva al fiume e successivamente trasferitosi in un garage trasformato in “ufficio” dove l’ingrediente fondamentale era l’entusiasmo. Un garage di 20Mq dove stavamo in 8, sembra una sceneggiatura di un film sulle startup della Silicon Valley ma è semplicemente un pezzo di storia di questa azienda.

In quegli anni iniziavano a vedersi segnali di crisi dell’editoria preoccupanti: la pubblicità online non remunerava più come quella offline, le redazioni iniziavano ad essere sovra dimensionate, i modelli di editoria digitale erano in fase di evoluzione-rivoluzione.

I due segnali che più ci saltavano all’occhio erano:

  • i giornalisti avevano sempre più difficoltà a trovare spazi per poter fare il loro lavoro serenamente e seriamente
  • il livello di qualità dell’informazione tendeva ad abbassarsi vertiginosamente

Da questa osservazione nasce appunto l’idea di intraprendere questo viaggio e di pensare, progettare, sviluppare e lanciare un progetto che potesse risolvere alcuni di questi problemi.

Il problema principale era il modello di business che nel mondo dell’editoria non funzionava più, la pubblicità sul digitale non riusciva a sostenere i costi degli editori che avevano un’impostazione aziendale basata sul modello di editoria tradizionale. Inoltre il mezzo digitale imponeva alle redazioni un “ritmo” diverso, molto più veloce ed immediato, e un rapporto con il lettore radicalmente diverso.

I punti da analizzare erano (e sono anche oggi) tantissimi ed è per questo motivo che la via da seguire era quella più difficile: non potevamo progettare una semplice app o un semplice sito ma avevamo bisogno di immaginare un piccolo/grande ecosistema dell’informazione. Un ecosistema che, grazie alle sue dinamiche e caratteristiche, favorisse la crescita di tutti gli “attori” del mondo dell’informazione:

  • blogger e giornalisti
  • editori
  • lettori
  • inserzionisti

Lo so, lo so, progetto molto ambizioso, ma come vi ho detto prima… c’era tanto tanto entusiasmo nell’aria. L’ambizione comunque non è mai sparita, anzi, semmai si è rafforzata negli anni. Ora è un’ambizione più consapevole e lucida.

E’ interessante notare che ancora oggi i quesiti che riguardano l’informazione digitale sono apertissimi. In queste settimane il dibattito è molto vivace ed è focalizzato sul tema delle “fake news” e del ruolo che le piattaforme quali Facebook e Google hanno nella diffusione delle stesse. Ne parlano ad esempio Arianna Ciccone e Fabio Chiusi in un articolo pubblicato su Valigia Blu (Le notizie false, Facebook e i media). Consiglio inoltre di leggere un post veramente molto interessante di Luca De Biase “Qualità dell’informazione come progetto che pone l’attenzione proprio sul rapporto tra informazione e piattaforme, e in maniera indiretta, ma secondo me ancora più importante, sul rapporto tra modello di business e qualità dell’informazione.

Ed è proprio analizzando questo rapporto che DaoNews nei primi due anni e mezzo ha lavorato sul concetto di qualità e su algoritmi e dinamiche che legassero, detto in parole semplici, la remunerazione del contenuto alla qualità del contenuto di informazione.

Inoltre una domanda che Luca De Biase si pone nel suo post è “Può essere che Facebook riesca a risolvere il problema della circolazione delle bufale sul social network? O ci vorrà un approccio totalmente nuovo che non verrà mai in mente ai tecnici di Facebook?”. Ed è in qualche modo la domanda che ci siamo fatti anche noi quando abbiamo intrapreso il percorso di DaoNews: possono essere le piattaforme esistenti a trovare una soluzione ai vari problemi dell’editoria o ci vuole un progetto nuovo e che parta da una prospettiva diversa?

Ovviamente noi abbiamo scelto la seconda opzione ed è così che abbiamo iniziato a trasformare l’idea in un progetto.

Per ora mi fermo qui con il racconto, l’intenzione era di fare una piccola introduzione al progetto DaoNews. La storia però continua ed è ricca di spunti interessanti.

Avremo modo di tornarci a breve.