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L’economia dell’attenzione e il futuro del content marketing

L’attenzione umana mai come ora è diventata una risorsa scarsa, a tal punto che oggi si parla di economia dell’attenzione. Pensiamoci: ogni giorno social media, tv, radio, giornali ci sparano addosso una quantità di informazioni inimmaginabile sino a vent’anni fa. Tutte queste fonti battagliano per un minuto del nostro sguardo. Uno sguardo che, però, sarà inevitabilmente superficiale e spietato nel surfare in questo overload informativo.
Laddove c’è un’inflazione informativa la nostra capacità di acquisire ed interpretare nuovi input si riduce, così come la nostra capacità di attenzione sul singolo contenuto.
Qualche settimana fa guardavo una vignetta di Tom Fishburn che ironizzava proprio su questo overload in ambito content marketing. Stiamo effettivamente producendo più contenuti di quelli che la nostra audience di riferimento possa consumare. E siamo caduti anche noi nel paradosso della vignetta, cioè scriverci sopra un ulteriore contenuto.
Overload di content marketing
L’economia dell’attenzione e i contenuti liquidi
La sfida che ci pone un’epoca in
Contenuti autocelebrativi: perché sono un errore nel content marketing

Sono tramontati i tempi dei siti aziendali statici in cui potevano trovar spazio solo banner con offerte esclusive e contenuti autocelebrativi come “Siamo i migliori del settore” oppure “Fidati dei numeri uno”. Il trend è cambiato perché il content marketing, e più in generale l’inbound marketing, ha cominciato a prender piede sovvertendo l’ordine delle cose. Adesso non è più il libero professionista o l’azienda che va a cercare i suoi clienti, ma sono i clienti che cercano i brand.
Anche i rapporti sono cambiati, semplicemente perché adesso aziende e singoli professionisti puntano a costruire un canale diretto con il cliente. E il cliente contento non mancherà di diventare cassa di risonanza per la diffusione e la promozione della qualità dei servizi/prodotti offerti. La web reputation è quello che un tempo era il passaparola nelle piazze o nei salotti, con il vantaggio (o il peso) non trascurabile di poter essere tracciata, quantificata ed analizzata.
Contenuti autocelebrativi, sempre da evitare
La reputazione
Nuovi fattori di ranking di Google. La SEO nel 2017 (e oltre).

Da molti anni ormai chi scrive su un blog, cura i contenuti di un sito aziendale, o progetta un sito da capo a piedi, deve fare i conti con la SEO e i nuovi fattori di ranking di Google. Questo perché l’obiettivo che si pongono tutti è scalare i risultati di ricerca di Big G, perché più visibilità sul più noto dei motori di ricerca significa avere maggiori possibilità di attrarre potenziali clienti, ovviamente non si può prescindere dalla credibilità, da costruire gradualmente con un una buona content strategy e una corretta esposizione sui social.
Quali sono i nuovi fattori di ranking di Google?
Chiunque si occupa a livello approfondito di questi temi sa bene che la SEO non è mai stata una scienza esatta, la possiamo definire come una specie di rincorsa continua volta a carpire empiricamente i tanti segreti dagli algoritmi che implementa Google di anno in anno. Abbiamo a che fare con una materia mutevole,
Instagram e content marketing: 4 consigli per i brand

Instagram è il regno indiscusso del content marketing visuale. A differenza di altri canali non è solo un mezzo per arrivare ad un pubblico di amici o potenziali clienti, come possono essere altri social network – vedi Facebook o Pinterest -, ma è anche una piattaforma per creare contenuti.
Probabilmente è questa una delle ragioni per cui è diventato così popolare nella fascia dei Millennials e risulta sempre in forte e costante ascesa nelle preferenze dei brand, che hanno iniziato a riservare budget importanti alla cura dei propri profili su quello che, d’altronde, è il social dell’immagine per eccellenza. Inoltre c’è l’elemento non marginale dell’engagement: nessuna altra piattaforma è ad oggi in grado di garantire un coinvolgimento così elevato.
Sono lontani i tempi in cui gattini, selfie, piedi e colazioni rappresentavano la “dieta” quotidiana visuale riservata a ogni avventore di Instagram. Complice una rincorsa verso la qualità e un progressivo abbandono dell’elemento “istantaneo” della condivisione, sia l’utente alle prime armi
I 4 principi che il content marketing può imparare dai musei

L’accoppiata musei e content marketing è un argomento che generalmente si affronta in modo piuttosto canonico: come i musei debbano avvalersi di una strategia di promozione digitale per migliorare la loro posizione sul mercato. E se invece fosse il content marketing, nella sua accezione più ampia, a dover apprendere qualcosa dal design museale?
Per affrontare questo cambio di prospettiva partiamo da un obiettivo comune ad entrambe le discipline: creare esperienze memorabili. Entrare in un sito o visitare un museo deve infatti lasciare un’impronta duratura sul visitatore. E le somiglianze non finiscono qui. Infatti musei e content marketing si propongono di conoscere e comunicare con il target, rispondendo ai suoi bisogni, espressi e inespressi.
Non è un caso, in quest’ottica, che marchi di notevole portata storica per il Paese, come Fiat o Piaggio, si siano attrezzati per allestire o finanziare dei brand museum, così da mettere in mostra la loro storia e il patrimonio aziendale in
Le 5 lezioni del giornalismo al content marketing

Esistono punti di contatto tra content marketing e giornalismo? Oppure sono due mondi inconciliabili?
Queste domande nascono dal fatto che i giornalisti, o chi si occupa d’informazione, spesso guarda dall’alto in basso quanto accade nel mondo della comunicazione, specie in quella legata a finalità di marketing. Inoltre c’è una sorta di sospetto diffuso nei confronti di chi lavora allo stesso tempo come giornalista freelance e come creatore di contenuti per brand, come se questi due settori fossero separati da contraddizioni insanabili. Detto in poche parole: dal giornalista tout-court i copywriter sono visti alla stregua di automi aziendali che riciclano in serie gli stessi contenuti a suon di titoli click-bait.
Allora, forse, vale la pena capire in che modo la comunicazione, per non scadere nella banalità e nella ripetizione, possa imparare qualcosa dal giornalismo della vecchia scuola. Ho trovato (almeno) cinque lezioni. Vediamo insieme quali sono.
1. Esci dalla redazione!
Per anni a tanti aspiranti giornalisti è
Innovative, ma non troppo: una startup italiana su tre non ha un sito internet

Il settore delle startup italiane cresce a ritmi sempre più incalzanti. L’economia dell’innovazione, secondo la fotografia emersa dalla Relazione annuale 2016 del Mise, è animata da quasi 7000 germogli di aziende, praticamente il doppio rispetto a soli due anni fa.
Ma alla narrazione – spesso epica – di idee vincenti, di duro lavoro, di scommesse che superano la prova dei mercati e di fatturati che crescono, si accompagna anche un racconto molto meno entusiasmante. Quello secondo cui molte, troppe startup innovative non hanno una finestra aperta sulla Rete. Un ossimoro quando si parla di digital business. Infatti, scorrendo tra le 6.300 e passa realtà iscritte al registro di Infocamere, sono ben 2.287 quelle che non hanno dichiarato alcun dominio online.
Come si spiega questo paradosso tutto italiano? Verosimilmente, alcune realtà al momento della registrazione erano così giovani da non avere un sito già operativo. Oppure molte PMI si sono camuffate da startup
Come la realtà virtuale cambierà il content marketing
Realtà virtuale e content marketing, un binomio che nei prossimi anni potrebbe rivoluzionare la fruizione dei contenuti e rendere il cliente molto più di un semplice lettore, un vero e proprio co-regista.
Dapprima vennero i testi, poi le immagini, quindi i video. E’ l’evoluzione dei contenuti che non si ferma. Il nuovo (medium) che avanza e di cui si parlerà sempre di più nel prossimo futuro. La realtà virtuale ha tutte le carte in regola per affermarsi anche nel content marketing, perché garantisce quel che l’utente/cliente cerca: un coinvolgimento sempre più realistico e immersivo nei contenuti.
Una ricerca condotta da Goldman Sachs rivela che le tecnologie VR, per quanto di nicchia al momento, si diffonderanno molto rapidamente, sui livelli degli smartphone.
Le aspettative dei consumatori riguardo a questa tecnologia sono molto alte: secondo i dati Greenlight Insights, il 62% dei consumatori si sentirebbe maggiormente coinvolto da un marchio che sponsorizzasse un’esperienza in VR, mentre il 71% dei consumatori
Content marketing: una breve storia

Il buzz sul content marketing negli ultimi anni è cresciuto il modo esponenziale. Per averne un’evidenza visiva immediata basta anche dare un’occhiata su Google Trends.
La stringa di ricerca “content marketing” su Google Trends
Non si tratta certo di una moda passeggera. Le aziende che non hanno compreso l’apporto del content marketing al loro business hanno cominciato a perdere terreno rispetto alla concorrenza, soprattutto quando i contenuti hanno iniziato a viaggiare e diffondersi attraverso la Rete. Questo l’avevano già capito alcuni imprenditori lungimiranti quasi 300 anni fa.
Avete letto bene, non è un refuso di battitura. Il content marketing, contrariamente a quanto si pensa, non nasce con la rivoluzione digitale. E come ogni narrazione che si rispetti ha un capitolo iniziale da cui tutto inizia.
Siamo nel 1732 e non esistevano ancora gli Stati Uniti. Nelle colonie inglesi del Nuovo Continente debutta la pubblicazione del “Poor Richard’s Almanac” ad opera di Benjamin Franklin. Si trattava di un’affascinante miscellanea di previsioni meteorologiche, ricette, barzellette, aforismi, con lo
La rivoluzione del native advertising in un libro
E’ uscito “Native Advertising – la nuova pubblicità: amplificare e monetizzare i contenuti online”, il libro di Claudio Vaccaro edito da Hoepli. Il testo analizza la grande rivoluzione che sta cambiando l’advertising online classico trasformandolo in pubblicità ‘nativa’, ovvero incentrata su contenuti rilevanti per l’utente perfettamente integrati nel contesto in cui sono inseriti. Col supporto di dati […]
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Content Marketing: indagine del CMI tra le aziende Usa
Una recente ricerca del Content Marketing Institute (CMI) condotta tra diverse aziende Usa ha fatto emergere molti dati interessanti, restituendo una grande varietà di atteggiamenti, preferenze, errori e incertezze dei responsabili delle strategie di content marketing, offrendo al contempo una panoramica sui principali trend.
Strategia
Sorprendentemente, solo poco più di un terzo degli intervistati ha detto di aver avuto una strategia di content marketing ben definita sin dal principio delle campagne portate avanti di recente. L’indagine ha inoltre mostrato che solo il 35% ha documentato passo passo la propria strategia di content marketing, mentre un altro 39% ha dichiarato di basare le proprie azioni su un piano prestabilito, ma di non documentare i singoli step.
Quando si tratta di qualcosa di così complicato come una campagna di marketing, soprattutto se si opera nel B2B, dove tutti sono a conoscenze delle ultime tendenze, è necessario disporre di buone idee, strategia ben concepita e anche documentata. Altrimenti, è